La lotta intestina.
Con sé stessi.
Contro il proprio
pensiero.
Una macchina
inarrestabile dilagante.
Fatta per girare a
regime sempre.
Tornare sugli
eventi, isolare oggetti per valorizzarli, crearli, poi metterli alla
gogna fino allo sfinimento.
Mai un momento di
pace.
Dispositivo
predisposto a riconoscere, a generare mondi, per dare comandi
conseguenti.
Le sue armi: parole,
immagini.
Per attivare
all'istante.
Emotivamente.
Sul piano
comportamentale.
Innestando
programmi, associazioni antiche.
Appena ti svegli,
mentre guardi un film.
Quando meno te lo
aspetti.
Lì pronto a farsi
spazio nel quotidiano.
Con la sua voce da
tergo.
Per virare un mondo
familiare in qualcosa d'inquietante.
Basta un minimo
spostamento.
Questioni di
centimetri.
Una parola in più.
E una luce sinistra
fende la realtà di un ombra oscura, tenebrosa.
Tutto si traforma
irreversibilmente.
Mostrando il
fondamento delle proprie certezze, delle proprie abitudini.
L'abisso.
In fondo, nulla di
buono.
Solo un urlo
ancestrale mescolato sovente a una volontà di violenza, di vendetta.
Necessaria per aggredire mondi nuovi, per troncare con quelli vecchi.
Senza compomessi. Non prima di aver fatto i conti. Al di là del bene
e del male. In balia di un elan vitale spietato, mai domo.
Calcolatore di
precisione.
Misuratore al
millimetro.
Per una gustizia
ancestrale.
Ma anche luogo
d'angoscia.
Antro segreto di
mondi sconosciuti in gestazione pronti a recalcitrare da tergo per
apparire. Senza riuscire però a mostrarsi ancora. Al punto di
soffocarti d'ansia.
Basta poco per
bloccare tale macchina.
Rivoltarla contro se
stessa.
Rappresentandola.
Fotografandola.
Allora come una
silouette presa di mira si ferma, si mette in posa, acquietandosi.
Per lasciarsi
contemplare, studiare.
Tutta la potenza
d'azione agita si placa in pochi istanti.
I valori emotivi
tornano alla normalità.
Lo sguardo si
rilassa.
Nulla più da
fissare.
Il sangue torna a
fluire lento su tutto il corpo.
Prevale un
sentimento di rilassamento generale.
Scariche fibrillanti
massaggiano il corpo dall'alto.
La tensione si
sfoga, l'energia si
ridistribuisce ecumenicamente.
L'importante è non
assecondare i suoi piani, la sua economia.
Imparare l'arte
della sospensione.
Una pratica
apparentemente difficile, alla fine appagante.
Il premio la
serenità.
Differente dalla
felicità.
Figlia del dramma,
della seduzione oggettuale.
La serenità basta a
se stessa.
Emerge quando tutto
è in arresto.
Nell'ecce pensiero.
Quando è possibile
mirare la propria volontà di potenza pura senza agirla.
Energia liberata, al massimo disponibile per le necessità del momento.
Energia liberata, al massimo disponibile per le necessità del momento.
Sul volto un sorriso
beato.
Torna pure la voglia
di vivere.
Non durerà.
Ma non importa.
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