Il
momento è giunto.
Una
realtà altra aliena da sempre lì sulla soglia è pronta a irrompere
prepotentemente.
Senza
riguardo per nulla sgomita per emergere.
Peggio
per chi si trova nel suo cammino.
Tutto
ha avuto inizio domenica 13.
La
prima vittima petra.
Una
serata insieme al pronto soccorso dopo aver impattato un pedone con la
bici.
Tre
punti per ricucire la ferita sopra l'arcata sopraccigliare.
Un
po' di scotch per rinsaldare gli occhiali rotti.
Almeno
finché dura.
Non
è che l'inizio.
Le
acque si sono rotte.
I
sigilli sono aperti.
È
l'inizio dell'apocalissi.
In
pochi a accorgersene.
Il
tempo di tornare a casa una settimana dopo per trovare la mamma
paraplegica dopo un intervento sbagliato in un lamento continuo.
Qualcosa
si è rotto.
La
macchina faticosamente rimessa in moto in questi mesi non va più. Ha
bisogno di una nuova revisione. Forse è il momento di pensare alla
rottamazione.
Nel
volto i segni della destrutturazione.
Quel
poco di umanità vestito in questi mesi con tanto sudore sta velocemente lasciando
il posto a qualcosa di irriconoscibile.
Sempre
la stessa storia.
Le
stesse stazioni.
Quasi
ci fosse un destino buono per tutte le stagioni.
Un
copione ripetuto al'infinito.
A
cambiare di volta in volta i soli attori.
Una
noia trovarsi a testimoniarlo ancora.
Meglio
così.
Almeno
sai già cosa aspettarti.
Un
déjà vu da provare a neutralizzare, trasformare in altro o comunque
da gestire meglio possibile.
Dopo
la visita medica all'ospedale incasso il colpo.
Prendo
atto della nuova situazione.
Riconoscibili
ovunque i segni del nuovo corso.
Appena
uscito dalla stazione una signora cade rovinosamente a terra. Batte la
testa come petra. Rimbalzando sul suolo.
In
due la soccorrono.
Sul
volto i segni dell'asfalto.
Sufficienti
a trasfigurarlo in una maschera di terrore.
L'indomani
la postina suona al campanello una sola volta.
È
giunto il momento di saldare i conti.
La
contestazione di una veccha multa è stata respinta.
450
euro da pagare prima possibile.
Tutto
insieme.
Al
punto da conferire alla realtà un aspetto sinistro, inquietante. Come
se tutto quanto accumulato in questi mesi fosse sul punto di
esplodere irreversibilmente.
Cosa
succederà dopo non è dato saperlo.
Non
serve disperarsi.
Tempo,
energie sprecati.
Meglio
concentrarsi per ottimizzare le risposte, per provare a rintuzzare il
male della mamma.
Che
si è già in riserva da un pezzo.
Il
rischio rimanere senza benza.
Addio
quotidianità.
Addio
normalità.
Cacciati
a forza in quella sfera separata dal dispositivo della malattia.
Terra
di nessuno senza più regole.
Un
altro regime.
Di
certo più spietato.
Luogo
ameno dove la vita viene messa a nudo.
Difficile
poterla riciclare di nuovo.
Persi
all'interno di disciplinari burocratici asfissianti.
Tutto
per contenere, nascondere quel caos anarchico liberatosi
all'improvviso sull'orlo dell'abisso.
Il
volto oscuro di una società in preda alla paura.
La
battaglia non lasciarsi risucchiare.
Essere
pronti a trasformare quei momenti in qualcosa di umano ancora
riconoscibile. Provando a comunicarlo a tutti per condividerlo. Il
solo modo per restituirgli quel poco di dignità residuale.
Intanto
preparo i bagagli in attesa di scendere il più tardi possibile.
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