Consegnati
all'altro.
Al suo amore.
Ma anche al rifiuto.
Alla non
comprensione.
Intanto solo
l'attesa.
Di un segnale.
Una parola, un suono
accoglienti.
Nella terra di
mezzo.
Sospesi.
Tra la vita e la
morte.
Come fantasmi.
Pronti a sparire o a
risorgere a nuova vita.
Nei momenti più
intimi e solitari, appena svegli una vibrazione dal profondo scuote
l'essere.
Un tremito
ancestrale primitivo.
Eco lontano di
abbandoni passati.
Energia libera di
nuovo disponibile.
Per chi nudo da
tempo immemore si espone all'altro senza più difese, barriere
protettive.
Non è facile.
Però ci si abitua.
Consapevoli del
proprio destino, della propria costitutiva fragilità.
Altro non si puo'
fare.
La mattina una
risposta ancora.
Nuova promessa
d'amore.
Tutto s'acquieta.
Rimane la
spossatezza dopo la battaglia notturna con i fantasmi, gli incubi di
sempre.
Niente di tangibile,
di consistente.
Solo immaginazione
se non delirio.
Alla fine un sorriso
bonario.
Uno sguardo benevolo
sulle proprie ferite, sul proprio passato.
Una nuova
consapevolezza.
Si vorrebbe
condividerla.
Tra le sue braccia,
sul suo grembo.
In silenzio.
A parlare solo il
frusciare dei capelli mossi, della pelle accarezzata leggermente.
Non è facile
aprirsi.
Sopravvissuti una
volta in più un nuovo mondo comune fa capolino.
Altro non si può
fare.
Se non giocare
ancora.
Per imparare ad amare
l'altro.
Ancor prima sé
stessi.
Sempre più.
Con le suole ben
salde a terra.
Fine del mondo
Il mondo finisce
quando non ci sei più tu, non ci sono più io.
Nessuna volontà,
possibilità di esserci ancora.
Per trascendere la
propria individualità in una sfera comune.
Ecco cosa significa
morire.
Non poter essere più
niente per l'altro.
Si muore sempre in
due.
Anche quando si è
soli.
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