martedì 8 marzo 2011

Contagio

Chi viene in ciclofficina di solito si presta a uno scambio materiale, funzionale.
La bici rotta per una efficiente.
Il risparmio economico è garantito.
Basta un po' di riciclo, tanta buona volontà.
Ma si illudono.
Il debito contratto in quel luogo non è economico, materiale.
Non può essere saldato con un grazie, un'offerta.
Ancor prima è simbolico.
In ciclofficina si scambia materiale con idee, affetto.
Come si iniettasse un virus latente, sotterraneo.
Di quelli resistenti a tutto.
Capace di lavorare all'ombra, di spuntare fuori quando meno te lo aspetti. Per scardinare silenziosamente piani, progetti prestabiliti.
È questo il tranello sottaciuto messo in atto.
Tutti ne vengono colpiti.
Sia gli esterni, sia gli interni.
La ciclofficina si lascia spogliare docilmente per “obbligare” l'altro, mettendolo sotto scacco simbolico grazie a uno scarto, a una differenza insolvibile materialmente, per questo destabilizzante.
Tu pensi di aver fatto un affare.
Invece contrai un debito silenzioso in grado di alimentare prima o poi nuove forme relazionali, nuovi approcci vitali. Non solo all'interno degli spazi circoscritti della ciclofficina, dell'ex mercato. Ma anche fuori, infettando metastaticamente l'organismo sociale.
Il tutto con ilarità, leggerezza.
Attraverso il gioco.
Per molti a conti fatti ne vale la pena.
Spesso senza sapere bene le motivazioni, ritornano ancora anche se l'urgenza materiale è stata soddisfatta. Per continuare a assorbire il calore di quel luogo caotico, disordinato eppure capace di scaldarti come un focolare sempre acceso.
Nonostante il freddo, il gelo.
Quando sotto i cumuli di rovine sparse come la cenere si dà la fiamma già per morta.
Basta soffiare appena.
Il fuoco piano piano risorge con un movimento nervoso indefinibile, continuo. Trasformando quegli scarti apparentemente inutilizzabili in un'ulteriore possibilità vitale inattesa, sorprendente, ammaliante.
A partire da quel sacrificio rituale di biciclette spogliate di tutto. Ridotte ai minimi termini fino al telaio nudo.
L'ecce bici.
La potenzialità assoluta pronta per esplodere in nuove impensabili opportunità.
Bisogna essere ciechi per non avvertire tali dinamiche.
Ottusi per la paura di cambiare.
Benché si sia predisposti a conservarsi integri quanto una statua di cera esposta al sole.

Essere dj

Mimmo è un dj squatter.
Ha scelto di vivere in un camper.
A una spanna dalla casa dove è nato.
Vicino al proprio male, alle proprie ferite aperte.
Non è sua abitudine sottrarsi.
Basta la distanza giusta.
Là ci sono le sue radici.
La memoria ancora viva dei partigiani.
I padri non padri che lo hanno cresciuto con affetto.
I luoghi di tante monellate.
Ma anche delle trovate ingegnose per tirare a campare.
Per non chiedere nulla a nessuno.
Anche al limite della legalità.
Quando sei alle strette si combatte con le armi a disposizione.
Pagando sempre il conto quando si sbaglia.
Una regola non scritta alla quale non si sfugge.
Poi è arrivata la musica tribe, tecno, house...
Fin dall'età di tredici anni.
Come un virus contagioso capace di catturarti l'animo.
Ma anche di darti la forza per non sprofondare e per superare i momenti più bui.
Disco dopo disco, Mimmo si è fatto le ossa.
Dapprima seguendo i migliori dj. Poi con il passare del tempo sostituendosi a essi.
Ora a quarantadue anni, dopo circa trentanni sulla cresta dell'onda, di esperienza ne ha da vendere.
La sua è più di una professione.
È piuttosto una missione, una fede verso un'idea di purezza e di integrità.
Cosa avrebbe fatto senza la musica.
Non lo sappiamo.
Certo non sarebbe il Mimmo di oggi.
Sono accolto nel suo camper.
Dentro c'è la sua consolle ben in evidenza, il mixer e due casse. Per un totale di circa duemila ampere. Non è poco. Se poi si tratta di prodotti di prima scelta ben calibrati per funzionare insieme, per dare il meglio.
Mi siedo su di un angolo.
Per tutto il tempo Mimmo rimane in piedi, davanti al suo grosso cane.
Comincia a parlare come un fiume in piena.
Per essere un buon dj devi avere prima di tutto una consolle, cioè due piatti, un mixer, due monitor.
Ma non basta.
La musica ti deve entrare dentro.
Poi deve girarti in testa.
Solo allora la puoi tirare fuori.
Sebbene non sia ancora sufficiente per arrivare a una musica pura.
Prima le devi dare tutto.
La devi scegliere come si sceglie una compagna.
La musica non ti tradirà, né ti lascerà mai da solo.
Anche se sei nella merda.
È una scelta di vita senza compromessi.
Non va dimenticato mai.
A essa ci si consegna totalmente, senza riserve.
Viene prima di tante “necessità”, la famiglia, il lavoro, i figli.
Per non avere mai rimpianti.
Solo così, dopo anni di gavetta, puoi capirla, conoscerla.
Allora sei pronto per far divertire la gente raccontando una storia.
Però con i piatti e il mixer.
Il guadagno non è prioritario.
Non si chiede alcuna tessera per entrare.
Si vuole arrivare al maggior numero secondo le possibilità di tutti.
Senza fare la cresta a nessuno.
Per dare vita a un movimento comune.
Per continuare lo spirito di chi è venuto prima.
Al di là di ogni logica di mercato, dello sfruttamento è più importante comunicare la propria storia, le personali emozioni.
Facendolo al meglio, con gli strumenti giusti.
Per poter guardare in faccia tutti mentre ci si diverte insieme.

Binario morto

Si dice binario un sistema a due valori.
Per esempio 0-1, bianco-nero, vero-falso.
Il tutto funziona bene in matematica e in tanti altri campi applicativi nella vita quotidiana. Basti pensare al computer, al mondo digitale.
Però se per un fatale disguido linguistico l'omonimo binario ferroviario cominciasse a funzionare seguendo le medesime regole, sarebbe un guaio per tutti.
Eppure è quanto sta succedendo da un po'.
Da quando in tale realtà si è insinuato il caos.
Si il caos.
Infatti, se le possibilità si riducono solo a una su due, significa affidarsi al caso.
Come con testa e croce.
Tanta è la probabilità di avere inconvenienti lungo la tratta ferroviaria adriatica. Quella frequentata dal sottoscritto.
Così per i viaggiatori è sempre più un prenderci.
Mi spiego...
Questa volta si stava sul solito binario in attesa della coincidenza.
Poco prima dell'arrivo del treno una voce femminile un po' anonima, comunque gentile, ci invita a trasferirci su un altro binario.
Abituati a tali disagi la massa di persone pendolari sempre più rassegnata dopo aver raccolto le loro cose si sposta senza battere ciglio sulla banchina “giusta”.
Fuori c'è un freddo gelido di tramontana.
Il mare grigio non è neanche troppo mosso.
Così le navi al largo giocano a inseguirsi.
Alcuni raggi di sole fanno capolino dopo aver aggirato la facciata scura della stazione.
Nonostante ciò le carni scoperte sono ancora punte da spilli sottili.
Per fortuna l'attesa è di pochi minuti soltanto.
Il tempo di sgranchire le gambe sul marciapiede affollato. Anche per provare a sottrarsi alla voce petulante degli altoparlanti sempre accesi sebbene il volume sia più basso del solito.
Tutti stanno con il naso puntato verso la direzione del treno in arrivo.
Dopo poco appare all'orizzonte con le luci già accese.
Si sta in trepida attesa.
Desiderosi di affondare prima possibile le membra stanche sulle poltrone delle carrozze al calduccio.
Colpo di scena.
Poco prima della banchina il treno devia dal percorso previsto per dirigersi come suo solito.
Un attimo di smarrimento.
Il tempo di guardarsi negli occhi perplessi.
È lui o non è lui?
A vederlo bene è in arrivo solo una vecchia carrozza, di quelle diesel di una volta. Quando di solito si viene accolti in un treno con tanto di locomotiva e di vagoni al seguito.
Che la montagna abbia partorito un topolino?
E poi lo speaker tace...
Nel frattempo un altro treno proveniente dalla direzione opposta va a coprire la visuale.
I secondi scorrono...
Cominciano a cadere le prime certezze.
Ancora pochi attimi e forse si rimane a piedi...
Incuranti di tutto gli altoparlanti continuano a diffondere musica rassicurante sino alla noia.
Uno, due minuti...
Poi quel silenzio rumoroso viene riempito dalla voce della speaker.
Scherzetto...
Il binario giusto era quello originario.
Su dai...
Niente volti tristi...
Un po' di sorriso...
È carnevale...
Ogni scherzo vale...
Sempre più abbattuti ci si appresta in massa al secondo esodo giornaliero.
Con tanto di bagagli alla mano.
Su e giù per le scale.
Nella foga qualcuno comincia a correre.
Altri lo seguono.
Sebbene a cantar vittoria non sarà il primo ma l'ultimo arrivato.
Tra i più lenti, pur di accelerare i tempi della traversata, scongiurare l'eventualità di rimanere al palo sul lato sbagliato, si diffonde la speranza cieca di un'improvvisa apertura del Mar Rosso.
In tale confusione nessuno sa come se la siano cavata i cinesi con il loro italiano traballante...
Alla fine sono dati per dispersi...
Forse annegati tra i flutti del mare richiusosi fulmineo come una morsa tutto stritolante.
Per il resto tutti salvi ancora una volta.
Sul treno partito con qualche minuto di ritardo incontriamo anche il salvatore di turno.
Uno dei tanti passeggeri sul binario “buono” un po' più attento.
Tenendo lo sguardo fisso sui monitor aveva assistito alla miracolosa scomparsa e riapparizione della destinazione da un binario all'altro.
Un trucco di alta scuola!
È grazie alla sua premura se il capotreno ha telefonato alla stazione.
L'addetto della stazione ha messo a tacere i Queen.
Poi, sua maestà permettendo, ha avvertito i pendolari sempre più smarriti e confusi dell'errore.
Non ci resta che piangere!
Ma è carnevale, così si ride dell'accaduto tutti insieme.
Inoltre diventa la situazione ottimale per condividere le personali sventure quotidiane capitate di recente in treno.
Un modo come un altro per sentirsi più vicini e solidali...
Pronti a accudirsi al momento del bisogno visto l'abbandono cronico delle ferrovie.
Ah...
Giusto per non smentire tale situazione...
Al ritorno le luci della carrozza sono impazzite...
Inizialmente si sono spente quasi tutte così da rendere difficile la vita agli abituali lettori.
Poi si sono arrestate del tutto.
Quando si sono riaccese sembrava di stare in discoteca.
Quasi il treno fosse vivo e volesse manifestare a tutti la sua presenza, il suo umore birichino.
L'estremo canto del cigno prima del probabile arresto definitivo.