domenica 19 ottobre 2014

La vie en rrose

Di notte.
In autostrada.
La performance di rrose è terminata da poco.
Ancora i timpani frastornati da tanto.
Al club adriatico la stagione è aperta.
Senza badare a compromessi si è fatto arrivare quanto di meglio sul mercato.
Direttamente da amsterdam.
Dove ha suonato la sera prima.
Un'ora solo.
Ma da paura.
Al club la serata era cominciata con un dj locale.
Per far capire la direzione una nebbia artificiale a coprire tutto.
Ad avvolgere i corpi come gli schiavi di michelangelo immersi nella pietra o i corpi in movimento di bacon tra il colore fluido.
Solo taglienti fendenti di luce a illuminarli radenti.
A farli emergere per qualche istante come fantasmi.
Poi di nuovo buio pesto.
Come immersi nell'oceano.
Senza punti di riferimento.
Si è da soli.
Consegnati al proprio vuoto interiore.
Mentre il corpo si muove a ritmo di tecno.
La più deep del momento.
Spiazzante, destabilizzante.
Implosiva fino alle viscere.
L'impianto il migliore da sempre.
Suoni bassi profondi ti attraversano come onde di terremoto.
Certo manca lo sporco noise dei tempi migliori.
Ma questo è un club.
Non un posto alternativo d'avanguardia.
Alla fine qualcosa si paga al mercato, al gusto comune.
Alle due rrose attacca.
Meglio stacca.
I ritmi martellanti si arrestano.
Con il fumo i suoni bassi, rarefatti ti avvolgono come in un magma denso. Non so per quanti minuti un urlo straziante monotonale in caduta libera.
Poi arrivano i colpi bassi.
Siamo sui 125 bpm in crescendo.
La tecno di oggi.
I pezzi pregiati da sempre in playlist te li vedi articolare uno dietro l'altro con una potenza inaudita.
Una discesa devastante nei recessi più intimi.
Impossibile contenere le urla.
Qualcosa di imperioso ti fa muovere fino a riempirti.
Un'euforia inspiegabile la risposta.
Con gli occhi chiusi.
Tanto anche aperti sarebbe lo stesso.
A dimenare il corpo senza più pensieri.
Come viene.
Quasi danzando leggeri sui cristalli.
Come tante canne mosse dalle onde basse soffiate con forza dalle casse sul soffitto.
Sulla strada del ritorno.
La stessa nebbia a avvolgere ogni cosa.
I fari tagliano la coltre quanto basta per vedere la linea continua bianca.
Gli occhi fissi sul parabrezza come fosse lo schermo di un videogiochi.
Ogni tanto fari amici a guidarci.
Incollati a distanza non li perdiamo di vista.
A loro ci affidiamo.
Come se al volante ci fosse dio in persona.
A volte invece da tanta caligine emerge la sagoma di auto indecise.
Senza pensarci su si pigia l'acceleratore per superarle prima possibile.
Meglio prevenire.
Non esserne alla mercè.
Ancora a risuonare le parole antiche di viaggiatori andati incontrati tanti autostop fa.
Quando c'è nebbia.
Mai rallentare.
Tirare dritti casomai.
Per stare davanti.
Non restare bloccati.
Ecco allora accelerare a fronte del primo ostacolo.
La lancetta si muove veloce.
Pochi metri.
Un altro veicolo di troppo.
Giù a pigiare sul pedale.
La macchina scivola decisa sulla strada in accelerazione spinta.
La velocità aumenta.
Nessuna paura.
Un altro stop ancora.
Via, andare oltre senza ripensamenti.
Più in fretta possibile.
Divorando l'asfalto.
Il tempo.
Ancora qualcuno a rallentare.
Si è quasi al limite massimo.
Il motore ruggisce.
Si viene appiccicati al sedile.
Accelerazione massima.
L'ultimo ostacolo.
Poi più nessuno.
L'auto in piena corsa lentamente solleva il muso.
Come un aereo stacca le ruote anteriori da terra.
Poi dopo poco anche le posteriori.
Senza più attriti va da sé.
L'ultima macchina è già sotto.
Via così.
Ancora più in alto.
Ora più niente a ostacolare la corsa.
Oltre la coltre la luna.
Lì in posa a mostrare impassibile il suo splendore riflesso.

lunedì 13 ottobre 2014

martedì 7 ottobre 2014

Con tatto

Toccarsi.
Abbracciati.
Il modo di stare più intimi possibile.
Punto punto.
Poro su poro.
Così vicini da non lasciare spazio.
A parole, immagini, programmi.
Solo il contatto.
Senza restituire altro.
Un vuoto consistente.
Quanto la totalità.
Niente relazione.
Mediazione.
Per non ridurre l'altro.
A qualcosa, qualcuno.
Fosse pure un ricordo bellissimo.
Una parola magica.
Da manipolare.
Articolare a posteriori.
Prima separare.
Poi inseguire una fantomatica unione perduta.
Da ri-affermare.
Tatto.
Tutto.
Inseparabilità nella separatezza.
Confusione di differenze neutralizzate, sospese.
Esperienza divina per antonomasia.
In principio fu il tatto non il logos