Oggi è giorno di
festa.
All'Xm si celebra la
crazy bikes' night.
Concerto noise con
strumento base la bicicletta.
A seguire gli
immancabili dj. Il loro compito accompagnare la notte fino al
compimento per lasciare posto al nuovo giorno. Provando a ingannare
il tempo per un pò. Arrestandolo quanto più possibile nella terra
del tra.
La serata dovrebbe
cominciare alle dieci.
A mezzanotte non c'è
ancora nessuno.
Arriverà qualcuno?
Per il momento ci si
guarda negli occhi in silenzio aspettando si compia ancora il
miracolo. L'esodo di massa di tanti giovani. Manco fosse nato il
messia. Pronti in adorazione verso lo stregone di turno in grado di
compiere la magia. Far muovere i loro corpi incantandoli a suon di
musica. Come marionette stordite da tale potenza bassa. Un colpo ben
assestato alle viscere tale da scuotere la kundalini addormentata.
Sul palco
sopraelevato gli orchestratori di turno.
Quello il luogo
del sacrificio.
Quando ci si
consegnerà fino all'ultima goccia in pasto al popolo dei gaudenti
spensierati.
Momento di
esaltazione estrema di discesa agli inferi allo stesso tempo.
Per rinascere ancora
chissà come.
Difficile fare
previsioni.
Vale più
abbandonarsi incondizionatamente senza remore.
Anche perchè li
sopra si è da soli, nudi con sé stessi.
Tutto il resto è
oltre avvolto dalle tenebre.
Si odono solo le
voci sommesse.
Vai...
Siii...
Così...
Noooo.
Dai o...
Il gioco di luci
annebbia tutto.
Meglio non alzare lo
sguardo per non essere accecati.
La cassa spia,
quella di ritorno per il musicista spara una musica distorta.
Irriconoscibile.
Irriconoscibile.
Dissociati da tutto
si va avanti alla cieca.
Qualcosa laggiù
succederà.
Il burattinaio
dietro le quinte muove i fili ma non vede le marionette. Autismo
puro. Solipsismo all'ennesima potenza.
Unica finestra
disponibile il monitor del computer.
Piegati
all'inverosimile su se stessi, con lo sguardo fisso su quella
superficie piatta si prova a articolare un mondo effimero.
Il tempo di crearlo
per vederlo scomparire all'istante. Dopo di lui non resterà traccia.
Tutto finirà lì. Quando si spegnerà il computer. La morte lo
stesso donarsi. Apparire solo per scomparire subito.
Mesi e mesi di
ricerca, di prove a casa consumati in un baleno.
È giunto il tempo di svuotarsi di tutto.
Di spogliarsi fino all'osso.
È giunto il tempo di svuotarsi di tutto.
Di spogliarsi fino all'osso.
Alla fine ci si
sente prosciugati, nudi, bisognosi di una nuova copertura.
Meglio se una veste
di gloria.
Fondamentale il
primo impatto con il pubblico.
I primi commenti.
Da lì dipende
l'esito del giudizio finale.
Inferno o paradiso?
Ai posteri l'ardua
sentenza.
Eppure anche quando
va bene non basta.
Quella sensazione di
vuoto soffocante rimane.
Difficile la
ricomposizione.
Come mettere insieme
quanto vissuto sul palco con quanto incarnato dai presenti giù di
sotto.
Una separazione
all'apparenza irricomponibile.
Due piani
trascendenti al massimo tangenziali in quel punto presente.
La vita.
Ognuno presa a modo
suo.
Difficile poi la
loro articolazione solo a posteriori.
A cose fatte.
Rimane una latenza
di fondo tra l'agito e l'effetto.
Rivivere immaginando
non è la stessa cosa.
Un gettarsi ogni
volta di spalle nel vuoto.
Ci sarà qualcuno a
sostenerti, a contenerti?
Ma poi...
Chi te l'ha fatto
fare?
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