Non so
cosa la muove.
Ma una
forza inesauribile la possiede.
Un
crescendo annuale tocca il suo culmine l'ultimo sabato di agosto.
Le
sottili trame tessute sotterraneamente per un anno intero trovano il
senso, il compimento.
Il seme
gettato ha dato ancora i frutti.
Maturi
sono pronti per la raccolta.
Di
notte.
Senza
luce.
Al
massimo qualche lead per segnalare le strade di pietra.
Si
potrebbe stare con il naso all'insù per mirare le stelle fisse.
Ma non
c'è tempo.
A
risplendere di più in tanto buio è la luce di una miriade di
eventi.
Sono
loro a catturare gli sguardi.
Chi in
piazza accomodati nel salotto per sostenere idee, chi in strada per
inventare nuovi comportamenti, abilità psico-fisiche, chi in spazi
chiusi a mostrare i propri oggetti, foto, musiche.
Tutto
nell'arco di una notte baciata da una luna a metà.
Non c'è
tempo per la pioggia preannunciata.
Aspetterà
l'indomani.
Quando
ogni cosa sarà finita.
Allora
il grande sacrificio sarà compiuto.
E sarà
il momento di purificare le vie dal sangue sparso, dai resti lasciati
dappertutto.
Prima
però c'è da salvare il salvabile.
Tavoli,
sedie, faretti, pennarelli.
Il
sostrato da cui ripartire l'indomani.
Materia
libera di trasformarsi docilmente secondo necessità.
Lei è
ancora lì in prima linea.
Dopo
aver tenuto a bada miriadi di voci anarchiche con il cellulare,
trovato la misura giusta tra spinte divergenti, umori inquieti,
esigenze inderogabili, narcisismi irriducibili.
Insieme
a un manipolo di volontari, al sindaco, allo staff fa il lavoro
sporco.
Quello
snobbato da tanti artisti fugaci quanto le loro esibizioni.
Con una
lucidità da paura trova ancora le soluzioni opportune.
Un
cavatappi con coltellino per tagliare fascette di plastica. Il tutto
tenendo a bada una panca di legno sottobraccio.
A
seguirla sono soprattutto i giovani del paese pronti a dare fondo
alle ultime energie prima di morire in branda. Non senza
l'immancabile ultimo brindisi propiziatorio stremati sui gradini del
comune.
Poche
le parole affogate nell'ottimo vino.
Troppo
presto per tessere bilanci.
Davanti
solo un vuoto abissale.
Lì a
una spanna.
Pronto
a risucchiarti inesorabilmente.
Prima
di essere colmato di nuovo.
Duro il
giorno dopo.
Quando
a pezzi sarà il momento di fare i conti con sé stessi, con gli
altri.
Solo
dopo si potrà cominciare a mettere insieme i cocci sparpagliati.
Non
senza aver toccato il fondo.
Il
momento più difficile.
Fragili
come cristalli.
Un
niente per essere spazzati via.
Ma non
sarà così.
Sopravvissuti
ancora.
A sé
stessi, alle faide interne, alla noncuranza di tanti.
Dalle
ceneri una nuova energia si sprigionerà contagiando tutti.
Allora
si sarà di nuovo un sol corpo pronto a agire all'unisono. Verso
un'altra meta.
Per
tutti quelli barricati in casa, con le finestre chiuse, la luce
accesa, il televisore come unica finestra sul mondo è il momento di
sollievo.
In
attesa della prossima apocalisse possono tornare alle loro tranquille
esistenze di paesani non troppo flashati dal buio delle stelle.
Abituati a ritualità meno appariscenti, a dèi più silenziosi.
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