Stazionavano
davanti la coop da un po'.
Erano
conosciuti da tutti.
A
pranzo qualche vecchietta si presentava con la pizza calda.
Chi
aveva gli spicci li lasciava volentieri.
Certo
tutto questo non bastava a risolvere la loro situazione di emarginati
migranti.
Parlavano
inglese.
Quasi
di sicuro venivano dall'africa.
Alla
domanda where are you from rispondevano ironicamente united state
of...
Stavano
male ma poteva essere molto peggio.
In
quella cittadina dell'italia centrale il conflitto con lo straniero
non era di casa. Tutti venivano accolti. Certo questo non voleva dire
essere aperti e comprensivi delle loro particolari condizioni. Ma
secoli di tradizione contadina li aveva abituati a non negare un
pasto a nessuno, anche a costo di dividere le briciole. Come in tempo
di guerra.
In
fondo erano gente semplice.
Molti
di loro da giovani erano migrati in svizzera o in germania. Sapevano
bene come ci sente in quei frangenti lontani da casa, senza lavoro.
Nella
valle l'evento di quei giorni era sicuramente la nottenera.
Un
piccolo paesino in bilico tra le due valli contigue apriva le porte
alla creatività, all'innovazione. Innanzitutto sociale e
relazionale. Per immaginare un futuro migliore a partire dalle
pratiche quotidiane, dal fare di tutti i giorni. Non a caso il tema
di quell'anno era la trasformazione. Il motore per convertire la
crisi profonda in opportunità. Il momento era propizio anche per il
particolare indebolimento dei poteri forti, di coloro abituati a
dettare regole. L'imperativo approfittarne prima possibile per non
dare l'opportunità al sistema di riorganizzarsi in un nuovo ordine
mondiale ancora più oppressivo.
Tra
tanti artisti, giocolieri, funamboli della scrittura erano stati
chiamati pure loro. I ragazzi della ciclofficina popolare.
Avevano
a disposizione una piccola piazzetta da condividere con i ragazzi di
ancona in transition. Uno sparuto gruppo di giovani inesperti eppure
incredibilmente motivare a cambiare le cose. Rigorosamente dal basso,
in nome del bene comune. Armati solo di tanta buona volontà.
Mark,
il ragazzo migrante seduto su un fittone della coop quel giorno era
preoccupato. La sua bici nera da 24 pollici era bucata. Una puntina
inopportuna si era conficcata nella ruota.
Con i
suoi amici pernottava a una spanna dalla città, lungo il vallato. Un
posto naturalistico da sogno.
Erano
tutti appassionati di bici bianchi.
Nei
pressi delle loro abitazioni avevano allestito una ciclofficina
improvvisata. Per strada. Per i passanti non era infrequente vedere
appoggiate bici da corsa vecchio stile ai muretti pronte per essere
rimesse a nuovo non senza inedite soluzioni estetiche.
A meno
di novità eclatanti, quel giorno sarebbe tornato a casa a piedi
sotto un sole rovente.
Uno dei
ragazzi della ciclofficina passò di lì per caso. Con la bici da
corsa sempre attrezzata a puntino per il viaggio. Con le borse
laterali ortileb impermeabili alla pioggia più una sacca laterale
old style poggiata sul manubrio. Quasi si fosse attrezzato per
l'apocalisse. Due secondi ed era pronto per partire chissà dove
senza meta. Con il sacco a pelo, gli attrezzi minimi per aggiustare
una camera d'aria buca o poco più. Appena lo videro i ragazzi di
colore alzarono le braccia per indicare il mezzo ferito.
Capì
subito il problema.
Tirò
fuori il necessario.
Colla,
toppe, carta vetrata, le leve per togliere il copertone.
In un
baleno lo spazio antistante l'entrata della coop si fece ciclofficina
ambulante.
Sotto
un sole inclemente risolsero il problema.
Rimessa
la camera d'aria dentro il copertone, girarono la bici poggiata a
terra a testa in giù. Un ultimo chek-up e via pronta per mordere
ancora la strada. Qualcuno portò pure una bottiglia d'acqua per
pulire le mani sporche di grasso e di polvere.
Subito
dopo il ragazzo venuto da chissà dove salì sulla bici di corsa e si
allontanò in silenzio.
Incerta
la meta.
I
ragazzi di colore invece ripresero le loro attività davanti lo
spiazzale del supermercato.
Per
tutti quella giornata sembrò migliore.
L'ennesimo miracolo della ciclofficina.
A
fronte della vita nuda, all'emergenza di tutti i giorni.
Oltre
l'immaginazione, le regole prefisse.
Senza
orari o luoghi prestabiliti.
Dove
capita capita.
Uniti
per risolvere insieme i problemi del momento, per creare nuove
improbabili relazioni.
Con
quanto disponibile.
Avendo
come sfondo comune la bici, il fare insieme.
L'ennesima
lezione dalla strada.
Molto
più efficace di mille manuali.
Di
tante chiacchiere a vuoto.
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