Preziosa era lì per presentare un libro sul teatro dell'oppresso.
L'aveva
scritto lei.
Dopo
aver partecipato a un concorso era stata pubblicata.
Il
suo primo scritto.
La
tesi di laurea.
Di
più.
Era
diventato anche il motivo dominante delle sue scelte recenti. Fare
teatro di vita dove necessario.
Per
questo era tornata alla sua città natale, Palermo.
Senza
pensarci su l'aveva preferita a Roma, la città dove si era laureata.
Troppo grande e dispersiva.
Là
si era data all'insegnamento.
Nei
quartieri più poveri.
Quelli
dove un voto vale un piatto di pasta e lo stomaco pieno, checche se ne
dica. Un mondo emarginato al servizio della mafia. L'unica vera
istituzione presente in grado di dettare legge. Tra scommesse di corse di cavalli clandestine, spaccio. Una povertà strisciante troppo
facilmente dimenticata dalla società “bene”. Eppure presente e
reale. Basta saperla cercare.
Come
folgorata da tale visione da allora non se n'era più andata. Era
rimasta lì con quei bambini allo sbando. Il teatro lo strumento per
provare a creare insieme nuove abitudini, nuovi esempi da incarnare.
La soddisfazione più grande vederli trasformare giorno dopo giorno.
Non so quanto sarebbe potuto cambiare il loro destino. Ma almeno ora
avevano una chance in più.
Allo
spazio in due non c'era molta gente.
Al
bar i soliti yoghisti facevano l'aperitivo insieme.
Tre
quattro persone o poco più.
Tra
di esse Noiselle.
Di
recente aveva proposto una rassegna cinematografica all'ex fragile
continuo. L'attuale spazio elastico. Per lui era ancora difficile far
coincidere i due nomi, superare tutto d'un fiato quanto ancora di
vivido premeva nei suoi ricordi.
I
martedì sera vi proiettava film residuali. Quelle visioni marginali
di difficile collocazione. Anche per una certa attitudine
esistenziale difficilmente digeribile da quanti assuefatti dalla moda
trash del momento. L'ultima frontiera pop porno a aver contagiato un
po' tutti. Il resto di niente il titolo della rassegna. Il tema di
sempre. L'eterno confronto scontro con la vita difficilmente digeribile nei suoi eccessi quotidiani.
Di
recente era stato contattato da una ragazza.
L'ultimo
film Restless, L'amore che resta, l'aveva colpita assai. Forse vi
aveva intravisto tutto quanto non era riuscita ancora a vivere nei
suoi luoghi più usuali. Qualcosa si era attivato. Lei
documentarista, da sempre avvezza a prendere di petto la realtà,
anche questa volta non si era sottratta. Lo aveva cercato decisa.
Cosa l'aveva spinta? Difficile riuscire a abbozzare un'ipotesi plausibile.
Lui
aveva risposto positivamente.
Nella
cronica apnea affettiva quotidiana era una novità assoluta.
Come
non esserne incuriositi.
Chissà
chi si sarebbe trovato davanti.
La
voce bassa lasciata filtrare dal telefono lo aveva spiazzato assai.
Senza pensarci oltre si erano dati appuntamento all'elastico. Ma la
serata era lì. Lo sentiva. Dopo averla chiamata decisero di vedersi
alla presentazione del libro.
Per
i pochi ignari il teatro dell'oppresso nasce in sud america
grazie a Augusto Boal. Lo scopo eliminare la cesura tra vita e
spettacolo. Inutile la recitazione se gira a vuoto su se stessa, non
dà soluzioni ai problemi, alle ingiustizie di tutti i giorni. Troppo
facile fomentare la liberazione stando protetti in uno spazio
asettico quando poi a morire andrà il povero cristo di turno. Il
dire deve invece coincidere con il fare. Se rivoluzione deve essere,
una volta finito lo spettacolo via tutti insieme armati per le strade
del mondo contro gli oppressori. Se no tanto vale tacere. Si fa più
bella figura.
Al muro erano stati attaccati una serie di cartelli.
Si
poteva leggere chiaramente teatro immagine, teatro forum, flic,
teatro invisibile... L'intento partire da quelle frasi scritte per
animarle con i presenti. Ovviamente la prima domanda fu chi conosceva
il teatro dell'oppresso. Tutti risposero positivamente tranne
Noiselle. In fondo stava lì per caso, per di più attratto come un
bambino da quella situazione imprevista, dal sorriso di Preziosa.
Bene
partiamo dal teatro immagine.
Lo
conoscete?
Stessa
musica di prima.
Tutti
l'avevano già sentito dire tranne lui.
Pazienza
e pedalare.
Per
quanti non lo sapessero il teatro immagine è una tecnica per
arrivare a una nuova forma di coscienza attraverso la visualizzazione
della realtà trasfigurata in un'immagine specchio da condividere
insieme discutendola, interagendovi.
Come
avrete capito nessuno può starsene fermo come un baccalà. Tutti
sono tenuti a partecipare della situazione attivamente. Cioè
interagendo con il proprio corpo.
Noiselle
fu il primo a essere direttamente coinvolto.
Nei
suoi pensieri però c'era l'incontro imminente. Il filmato in diretta
di come sarebbe potuto andare. Tra tagli, rewind... Come quando si
gira un film.
Scena
n° 54!
l'incontro
nello spazio in due.
Silenzio...
Azione...
Nel
mentre dell'ennesimo ciak, una voce fuori campo prende il
sopravvento.
Mettiti
in piedi qui al centro.
Stooop.
Riportato
a forza nella realtà si va a piazzare nel punto preciso indicato. In
quello stesso istante entra la ragazza tanto attesa. Era di sicuro
lei. Lo si vedeva dal volto proteso a cercarlo.
Nemmeno
il tempo di varcare la soglia, di chiedere se era quello il luogo
della presentazione del libro, fu subito coinvolta.
Mettiti
di fronte a lui.
Poi
scambiatevi la mano come se vi foste incontrati per la prima volta.
Senza
parole.
La
fantasia aveva superato la realtà.
Anzi
fantasia e realtà convivevano senza scarti.
La
nuda vita e la sua rappresentazione in simultanea.
La
parola, il gesto divenuto nello stesso tempo realtà agendolo.
L'atto
performativo per eccellenza.
Forma
e vita a braccetto.
Un
vero miracolo.
Il
teatro dell'oppresso all'insaputa di tutti, tranne dei due protagonisti, aveva
raggiunto il suo scopo.
L'indeterminazione
tra teatro e vita.
Entrambi
sorpresi si erano lasciati guidare dalle indicazioni di Preziosa. Le
sue parole avevano scandito il ritmo del loro primo incontro.
Superando ogni frivola immaginazione.
Buona
la prima, o meglio l'ultima.
Occhei.
Rimani
così, rivolgendosi a Noiselle.
Tu
invece fai qualcosa con lui.
Senza
nascondere l'emozione lo abbracciò con tutta se stessa.
Per
i presenti spettatori l'immagine doveva apparire un po' sinistra. Quasi
eccessiva per quanto trasmesso. I loro commenti a posteriori
lasciavano trapelare la sorpresa. Più che giustificata data la
situazione.
Poi
toccò il suo turno.
Anche
lui l'abbracciò.
Così,
per ricambiare.
L'incontro
agito all'interno di quel contenitore pubblico sembrava naturale.
Tutto filava liscio in scioltezza. Senza imbarazzo alcuno.
Seguendo i tempi giusti. La serata si prolungò ancora per molto. Ma
nel film del giorno quella stretta di mano e l'abbraccio seguente
potevano essere le scene da salvare per la memoria futura. Il resto
un eccesso da conservare nella propria sfera privata. Troppo intimo
per essere condiviso da tutti senza diventare osceno.
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