Trasformare
i luoghi per predisporli al bene, a un fare proficuo. Ordinando gli
strumenti tecnici, i pezzi di ricambio accuratamente smontati e
selezionati, ridisegnando lo spazio per facilitare l'opera di
ricostruzione delle bici. Ore e ore di paziente lavoro, pomeriggi
interi di domeniche al posto del normale cazzeggio. Un impegno
immane, sotterraneo. In pochi lo noteranno, ma che importa. Lo scopo
è portare tutti allo stesso risultato. L'assemblaggio perfetto della
bici. Eppure non basta. Il dispositivo della fabbrica sociale non
sempre scambia un saper fare con un essere, un possedere qualcosa.
Spesso si diventa solo il banale strumento di un agire vuoto. La
scommessa è invece di arrivare a avere all'occorrenza quelle qualità
speciali. Capaci di informare la volontà e l'agire a prescindere dal
luogo, dalle situazioni. Quand'anche si fosse in acque agitate con il
cielo coperto, senza l'ausilio delle stelle. Per essere in grado di
orientarsi comunque e giungere da qualche parte a partire da quanto
si ha a disposizione, fosse pure merda o ferraccio. È questa la vera
trasformazione. A partire da se stessi. Indirizzandosi al bene a
prescindere. Un'attitudine da esercitare con dovizia, disciplina. Non
è così importante il risultato. Quanto poterci arrivare se si
vuole. Senza dover rendere conto a niente, a nessuno. Il fare diventa
pretesto occasionale. Magari per condividere esperienze, per far
emergere comportamenti nuovi. E non va assolutamente confuso con un
compito, un dovere. Al massimo può diventare un piacere condiviso. A
volte può portare a far emergere l'eccellenza. Oppure solo silenzio
e inoperosità. Tanto cosa può cambiare il fare o non fare? Poco o
niente. Più importante è l'essere pronti. E se ci si attiva comportarsi bene a prescindere. Alla fine a contare residualmente
sembra il saper resistere in apnea. Il
più a lungo possibile. Senza agire. Per non essere vittime di un
operare coattivo di certo utile per dare sfogo alla propria tensione,
però non sufficiente per sfuggire alla seduzione della mete, degli
oggetti. Tanto tutto verrà spazzato via. Sia quel fragile ordine
momentaneo appena allestito, sia quelle particolari abitudini
predisponenti al bene. Meglio piuttosto allenarsi a saper lasciare ogni cosa senza rimpianti,
risentimenti. Tutto con leggerezza. Se oggi qualcosa va, qualcuno è
al tuo fianco è già questo il miracolo. Così il gran gioco della
vita continua il suo giro. Allestendo quando meno te lo aspetti un
altro occasionale spettacolo per gli attori presenti. Quando tutto va
bene si riesce pure a trovare il tempo, il modo per innescare
comportamenti affettuosi l'uno verso l'altro. Però non bisogna
abituarsi troppo alla situazione o pretenderla ogni volta. Quando
la serranda scende è già notte fonda e tutto è finito da un pezzo.
Possibile la rinascita. Ma anche no.
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