Anche quel giorno avevano dormito al forte.
C'era la festa dei popoli.
Un luogo usato originariamente per offendere, creare
barriere, separazioni, per distinguere l'amico dal nemico, oggi era
divenuto per ironia della sorte l'occasione per unire etnie
differenti. I possenti muraglioni non spaventavano più. Al massimo
erano il pretesto per lunghe passeggiate tra quei resti, lungo
cunicoli oscuri dimenticati alla testa di solerti guide nostalgiche
dei tempi andati. Senza troppo pensare a quei luoghi come strumenti
di guerra, di inimicizia. No, a affascinare era più il loro potere
antico, la memoria di un passato tutto sommato importante di cui
vantarsi.
Il pomeriggio passato erano scesi alle due sorelle, la
spiaggia più bella del conero. Ma anche quel piccolo gioiello
selvaggio era stato preso di mira dal turismo della domenica. Giusto
per far quadrare i conti dell'economia locale.
Neanche il tempo di mettere i piedi a terra sulla
spiaggia dopo più di un'ora di discesa sul sentiero impervio, ecco
il primo barcone avvicinarsi al ritmo dell'altoparlante sparato a
volume altissimo per attraccare lentamente al suolo con la prua. In
pochi secondi un battaglione di turisti armati di macchine
fotografiche, tutti con la maglietta uguale a inseguire un grosso
contenitore di plastica. Dentro l'attrazione del giorno. Una
tartaruga marina da liberare. L'operazione avrebbe potuto durare
pochi secondi. Invece pur di assecondare il copione scritto
appositamente per quei turisti si era trascinato avanti per quasi
un'ora. Tutti intorno a ferro di cavallo per guardare l'evento
melodrammatico. La tartaruga ferita, salvata dalle forze del bene,
ora pronta per una nuova vita. Dopo aver fatto il giro della
spiaggia dentro quella vasca per dare a tutti l'opportunità di
vederla, alla fine viene liberata a terra. In un baleno assecondando
un istinto naturale si trascina con le pinne a mare. Ancora qualche
bracciata ed è in acqua. Per scomparire subito dopo risucchiata dai
flutti nello stupore dei presenti. Serci per assecondare ironicamente
tale spettacolo comincia a applaudire. Tutti a seguirlo. Lo
spettacolo ora poteva considerarsi veramente finito. Si poteva
tornare a casa. Ecco la barca attraccare. Uno dietro l'altro a salire
su. Con l'altoparlante a busso a condurre l'operazione via verso la
costa abitata. Convinti di aver partecipato a un evento
straordinario, a contatto con la natura vera. Quella precedentemente
offesa, poi ripristinata grazie alla cura di solerti operatori
addetti alla sua salvaguardia. Tutti conoscevano a memoria i ruoli.
La guardia costiere, i turisti, forse la stessa tartaruga marina
oramai abituatasi ai riflettori.
Dei setti scesi a mare in tre avevano deciso di risalire
su. Anche perché dopo il bagno, aver preso un po' di sole c'era il
serio rischio di rompersi i coglioni. I quattro rimanenti con enorme
disappunto preferirono rimanere lì a dormire sulla spiaggia. Anche
per vedere l'alba sul mare. Dopo aver diviso le provviste partirono.
L'appuntamento l'indomani sul forte divenuto ormai la loro base
d'appoggio. Neanche fossero dei pirati provetti.
I ragazzi rimasti giù, la mattina avevano preso le
cozze.
In qualche modo le avrebbero voluto cucinare.
La pentola l'avevano trovato il giorno prima. Chiedendo
agli autoctoni incontrati per strada un contenitore in metallo non
più in uso.
Il massimo sarebbe stato abbinarle con gli spaghetti.
Alla fine andrea viva la vida, un volontario della
festa, diede loro la soluzione giusta.
Nelle sale della parrocchia antistante il forte, dove si
cucinava per la sera, misero a disposizione un piccolo fornello a
gas, una grossa pentola.
Fatta.
Tutti felici e contenti.
Anche il festival dei popoli nel rispetto della
tradizione si contaminava aprendosi a quei sette “vagabondi” a
ore.
Dopo aver consumato il pasto prelibato, non prima di
averlo cucinato con la massima cura, lavato i piatti, rilassati per
un attimo nella grande terrazza messa a loro disposizione, era il
momento di decidere sul da farsi. Tre giorni nello stesso posto.
Troppi per chi si professava nomade all'occorrenza. Le mete future
pescara a raggiungere frank e i suoi amici, perugia dove era in corso
l'umbria jazz, da anni un punto di riferimento internazionale per i
patiti del genere. Mezz'ora e più. Ognuno a dire la sua. Senza
cavare il ragno dal buco. Sembrava non si riuscisse a venirne a capo.
Poi in tanta bagarre noise cominciò a strimpellare la chitarra
acustica di vince. Il solito ritmo post punk come se a suonarlo ci
fossero i gun club con tutta la loro energia. D'incanto tutti si
silenziarono. Presi da quelle note frenetiche c'era chi batteva i
piedi. Qualcuno cominciò a suonare facendo ritmo con le forchette,
chi con le mani. In un batter d'occhio si era improvvisata una jam
session. Posseduti dallo spirito di quella musica tirarono il pezzo
per più di cinque minuti fino allo stacco conclusivo. Poi un lungo
attimo di silenzio. Come fosse la cosa più naturale di questo mondo
si guardarono agli occhi. Allora tutto chiaro no? Sorridendo tutti
acconsentirono. Riprendendo di punto in bianco a fare altro. Senza
parlare più di luoghi da decidere.
Cosi fu.
Poco dopo presero le cose.
Pulito fino all'ultima briciola il luogo dove avevano
mangiato.
Salutato i volontari del festival con gratitudine.
Partirono.
Direzione l'entroterra.
Stregati dalla voglia di musica.
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