lunedì 3 dicembre 2012

Merda d'autore e l'errore di Artaud

L'unica opera.
Vivere.
Esistere e basta.
Al di là di ogni rappresentazione.
Solo quando si insinua la differenza, cioè quando ci si sente scissi dentro, ci si osserva vivere o meglio non più vivere.
Allora si è già morti.
L'opera prima, la vita, non è più prima.
Era prima.
Allora va rigettata, buttata fuori alla prima occasione.
In quanto scarto, resto inutile, ostacolo alla nuova vita, alla nuova carne.
L'escremento proiettato fuori.
Il pleroma compiuto di un fallimento.
Il peso da lasciare.
Solo quando ce se ne libera nuova vita sgorgherà.
L'opera trattenuta l'ostacolo.
Non vale rigirarci sù, farsi una ragione, dare un senso all'accaduto, ripetere la scena di quanto è stato all'infinito né curarne i particolari, la forma nella speranza di rincorrerla ancora.
Buona la prima.
Il resto un martirio, un mancare infinito a sé stessi.
Meglio piuttosto sospendersi, evacuare quei pensieri in forma stringente così da facilitarne l'evacuazione.
L'opera conseguente lo scarto inutile, il cadavere fetido marciscente mascherato di bellezza.
Offerta luciferina di niente, di quanto non è più, forse non è mai stato. Sacrificio dato in memoria di quanto fu. Dono crocifiggente per spettatori voyeur deleganti la vita all'infinito non senza compiacimento. Mosche svolazzanti di merda in merda per annusare al massimo l'odore della morte scambiato per spirito vitale.
L'esecuzione sul posto.
Dell'opera espulsa.
L'atto necessario per tornare a vivere.
Per non farla vivere oltre.
Per non cadere in tale fraintendimento.
Solo allora ci si libererà dalle catene.
Via da ogni finzione, da ogni ripetizione, da ogni compito, da ogni feticcio spacciato per reale.
Simulacro astratto.
Spirito fantasma esangue.
Corpo anoressico prosciugato fino all'osso.
La verità paradigmatica di tale scambio simbolico.
Per conservare l'illusione di continuare a vivere.
Per procastinare ab limitum la morte.
Via tutto.
Fuori tutto.
Fare la festa.
Esecuzione di massa.
Sterminio di maschere vuote incapaci di sorreggersi da sole.
Forse dopo qualcosa succederà.
Nessuno più a testimoniarlo.

2 commenti:

  1. Il teatro della crudeltà
    Antonin Artaud è morto di cancro al retto come la zia.
    Forse proprio così ha compiuto la sua opera senza opera.
    Al di là di ogni contaminazione metaforica.
    Per non sparpagliare fuori altri scarti.
    Tappandosi letteralmente il buco del culo.
    Per smettere di seminare intorno.
    Per non generare più.
    Opera implosa per eccellenza.
    Disimpegno totale verso le proprie funzioni vitali.
    Kundalini turgida di feci dure impossibilitate a uscire se non ripercorrendo il tragitto contrario verso l'alto. Al punto di innalzarti fino alla morte.
    Un sacrificio perfetto!

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  2. http://scheggenellacarne.blogspot.it/2010/10/bora-lacrime.html?showComment=1354714231286#c566147653291973881

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