mercoledì 21 maggio 2014

Franck

All'improvviso il viaggio ha preso una direzione insolita.
Senza rendersene conto ci si è inoltrati nel cuore più profondo della francia.
Da oggi si è aperto l'inconnu.
Rotti gli ormeggi si va alla deriva.
Nulla sarà più come prima.
Franck è una forza della natura.
Fa il consigliere comunale in un piccolo paesino alla banlieu de lyon.
All'apparenza un villaggino come quelli di una volta.
La piazzetta con il bar dove si beve il pastiche.
Tutto in un unico sorso.
Lì si è conosciuti.
Tutti fanno parte di un'unica famiglia.
Allo stesso tempo la metropoli è a uno sputo.
Si pensava di andare a clermont ferrand a caccia di fantasmi, di comitati invisibili, di insurrezioni a venire. Invece si resta a lyon, la grande babele. La dove in periferia vige ancora le regole delle bande, la polizia ti ferma ogni santo giorno. Ti sbatte al muro per perquisirti. Così. Senza motivo. Indagati a prescindere. E non si scherza. Ogni momento puoi rischiare la vita.
Sarà anche per la pioggia, perche si è fatto tardi.
Poco avvezzi alle regole dello stop francese, in balia di quanti gentilmente si fermano per un passaggio. Non sei tu a dettare le regole, a conoscere i posti giusti.
Parlare con gli autisti non serve. Qua basta alzare il dito oppure disegnare la meta su di un grosso cartone. E voilà tutti prima o poi si fermano.
Sarà per la forza degli eventi.
Qualcosa ci trascina fuori dai soliti schemi.
Per la prima volta la dimensione più autentica del viaggio ha preso il sopravvento.
Non si può far altro se non abbandonarsi a quel flusso irresistibile. Ecco la francia non aspettata.
Forse la più autentica, sincera.
L'alito di Franck emana la puzza del fumo frammisto a alcol.
Al péage di grenoble veniamo presi sul suo furgone.
In teoria può ospitare solo due passeggeri.
Così decidiamo di dividerci.
Marco e jacopo, i più giovani e inesperti saliranno su.
Per incontrarci chissà dove alla meta finale.
Tanto i cellulari funzionano ancora.
Ma in barba alle regole alla fine si sale tutti quanti.
In due davanti.
Marco & marco.
Dietro jaopo ammassato sopra una montagna di strumenti di lavoro, di materiale edile da riciclo, con la lucina accesa in tanto buio. Quanto basta per leggere zero calcare. Un libro arraffato a torino alla casa della cultura dopo l'incontro con serge latouche. Da bravi autostoppisti non guardiamo in faccia a niente e a nessuno. Finito l'incontro abbiamo chiesto un passaggio per la francia pure a lui, per l'indomani. Sorpreso della richiesta ci risponde qualcosa. Capiamo giusto la parola treno o giù di lì. Poi ci sfancula con delicatesse. Beh comprensibile per chi una dimensione pubblica. Sempre esposti a svalvolati come noi.
Durante il viaggio franck fa parecchie domande.
Vuole sapere cosa facciamo.
Quasi come fosse un interrogatorio vuole scoprire le nostre carte.
Qu'est-ce que aller fair a clermont?
Il n'y a rien!
Rien!
Ripete a alta voce.
Venez chez-moi...
C'est plus interessant.
Allore?
Qu'est-ce que vous faites?
Presto.
Una decisione.
Tra poco c'è il bivio.
Tutto sarà in modo o nell'altro.
Ancora pochi metri.
Ci si guarda negli occhi.
Una voce per comunicare dietro con jacopo.
Allora?
Si va?
Una risposta bassa per confermare il si.
Occhei.
Chez franck
Senza pensarci troppo decidiamo di seguirlo.
Al paesino di franck la prima sosta è all'asilo nido.
La cresh come dicono da queste parti.
Là c'è camille.
La sua figlioccia.
Come due ladri di bambini entriamo non prima di aver messo le pattine arancioni ai piedi per non lasciare tracce.
Per varcare la soglia bisogna aprire un cancelletto basso.
Tutto è al loro livello.
Una volta dentro si apre un'altra dimensione.
Uno spazio multicolorato come si fosse nel paese delle meraviglie di alice.
Dentro tanti cuccioli abbandonati per un po' dietro a un recinto di plastica aspettano il salvatore di turno.
Con gli occhi sgranati guardano i nuovi venuti come venissero da marte.
Il meno timoroso si fa avanti a carponi.
Passo dopo passo ondeggiando da paura.
Fino a toccarti con la manina.
Poi non so perché attacca a piangere.
E di corsa se ne va.
Forse non era quanto aspettato.
Dopo un po' come si fosse alle poste ci viene consegnato il pacco.
Camille ha due anni.
Quasi non parla.
Appena presa me la smolla senza pensarci troppo.
La prendo in braccio con la mano in basso sul sedere.
Così fanno di solito le mamme.
Almeno cosi sembra.
All'arto sx ha il gesso.
Proporzionato al piccolo braccino.
Sul volto i segni di qualche caduta.
Ha i capelli biondi.
La carnagione chiara.
Per nulla spaventata si lascia andare.
Un istante a scrutarti per vedere chi sei, meglio a percepirti.
Poi ecco un sorriso aperto.
È fatta.
Fiducia conquistata.
Si può ripartire.
Franck continua a fare domande come un vulcano in eruzione.
Tu prendi questo.
Tu fai questo.
Marcò viens avec moi!
Jacopò le sac.
Sembra abituato a dare ordini.
Senza dare troppo fastidio.
Glielo concediamo volentieri.
Anche perché la situazione è assai insolita.
In questi casi conviene aspettare.
Vedere cosa capita.
Non sapremo mai cosa gli sia passato per la testa in quei cento chilometri.
Però ha deciso di aprirci le porte di cosa.
Di accoglierci dentro i luoghi più cari al punto di affidarci sua figlia.
La casa dove vive è un vecchio convento di suore.
È a più piani.
A terminare con il classico tetto liscio un po' spiovente, con dei lucernai assai eleganti.
Stà dietro la chiesa del paese.
Una casa bellissima.
A dispetto dell'esterno curatissimo dentro è una casa come tante altre.
Abbastanza incasinata.
Cose dappertutto.
Sparse qua e là a caso.
La tazza del cesso è poggiata sulla parete.
Solo la scala al centro della casa è di una leggerezza sopraffine.
Quasi fosse sospesa nell'aere.
Non conta la facciata.
Perché perdere tempo in questi inutili dettagli.
L'essenziale è altrove.
Meglio prendere una bottiglia di buon vino della cote du rhon.
Poi un'altra ancora.
Tra una sigaretta e l'altra.
Con lui c'è la ragazza alla pari mexicana, una seconda figlia, un terzo figlio adottato.
Poi arriva anche la moglie.
Una infermiera privata.
La sua seconda moglie.
Perché franck è debordante.
Una vita non gli basta.
Una seconda famiglia è a grenoble.
Meglio.
La prima.
Un quarto figlio quindicenne bravo a suonare la fisarmonica.
Per ora ha deciso di vivere lì.
Dopo aver sgobbato come un mulo.
Avuto successo anche economico.
Cosa vuoi gliene freghi del denaro.
La sua ricchezza è lì davanti.
E ce l'ha messa a disposizione.
La sua vita nuda da mostrare, ostentare, condividere.
Quanto di meglio ti possa capitare lungo la strada.
Cosa cazzo vai a fare a clermont.
Non serve viaggiare.
Chez lui c'è la cosa più interessante da vedere.
L'ecce franck in tutta la sua autenticità.
Quanto di più bello, caro a disposizione ogni mattina.
Basta aprire gli occhi per toccarlo con mano.
Da nessuna altra parte lo puoi trovare.
Lì a una spanna.
Basta saperlo vedere, riconoscere.
Tutto il resto è fuffa.
La mattina prestissimo ci alziamo per fare colazione insieme.
È lui a chiamarci.
Poco lontano camille piange per un po'.
Basta il biberon in bocca per silenziarla.
Seduta come tutti intorno al tavolo fa colazione a suon di musica.
Vuole giocare.
È sufficiente un accenno di ballo di uno di noi per far partire lo show.
Con il sorriso sguainato via a far muovere grossolanamente il corpo a ritmo secondo le note.
Un'esplosione di vita contagiosa.
Si è fatto tardi.
Le sette in punto.
Bisogna andare.
Quanto c'era da vivere, vedere è stato fatto.
Tutto è compiuto.
Nulla più da aggiungere.
Con la freddezza del giorno dopo ci si saluta.
Una stretta di mani frettolosa senza troppe moine.
Perché franck non è tipo da abbracci o di lacrimucce.
Da vero macio.

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