Non ne
poteva più.
Ennesimo
capolinea.
Senza
più centro.
La
città non la sopportava da un pezzo.
Troppo
corrotta, mercificata.
A fare
da padrona solo l'apparire, il confondere.
Per
sedurre.
Cercava
un'altra economia esistenziale.
Poche
cose.
Quelle
essenziali.
Rapporti
semplici, affettuosi con le persone.
Basta
la frenesia.
Essere
sempre in tiro.
Con la
battuta pronta.
A
mille.
Magari
eccitati dall'alcol, dalle droghe.
Quanto
avrebbe dovuto perdere questa volta.
Forse
tutto.
Come il
solito.
L'essere
così strapiantato lo aveva destrutturato al punto da non avere più
le parole, la voglia di leggere cose nuove.
Anni
passati curvo sopra i libri.
A
scrivere pagine su pagine senza nessuno a interloquire.
Come
parlare col morto.
Non si
trattava di apprendere ma di agire.
Tornare
a vivere.
La
città non faceva più per lui.
Quel
deserto di cemento abitato da stranieri incomprensibili.
Aveva
toccato il fondo.
Impossibile
ripartire da lì.
La
serata del cazzeggio, dell'aperitivo, della chiacchiera a vuoto non
funzionavano più.
Tante
volte si era fermato a osservare silente la marea di studenti, di
lavoratori a riposo conversare per ore seduti l'uno di fianco a
l'altro.
Con
l'immancabile birra in mano.
Presi
nelle loro conversazioni.
Un
vocio sordo come il sibilo del vento tra le rocce fratturate di un'isola
deserta.
Sempre
più forte fino a coprire ogni cosa.
Una
spirale avvolgente da togliere il fiato.
Allora
partiva dentro un urlo silenzioso.
Saturo
al punto da squarciare il torace.
Nessuno
a ascoltarlo.
Perso
tra le mille voci si amalgamava insignificante con il rumore di
fondo.
I punti di riferimento se ne erano andati da un pezzo.
Chi era
tornato a casa.
Chi in
india.
Alcuni
avevano semplicemente chiuso i battenti o si erano ritirati a vita
privata.
Altri
erano morti.
In
tanta assenza nessuno li aveva sostituiti.
Certo,
anche lui non faceva sconti.
Nella
sua radicalità spesso alimentava quel vuoto.
Ma
cos'altro avrebbe potuto fare?
Da un
anno aveva ripreso a frequentare la provincia.
Non di
sua volontà.
Perché
costretto.
Col
tempo si era inserito bene.
Lì era
tutto più semplice.
Le
porte si aprivano magicamente.
Le
persone erano disponibili.
A volte
lo cercavano.
Ma si
trattava solo di un altro deserto.
Alla
fine sarebbe arrivato il conto.
Una
questione di tempo.
L'ennesimo
shangri-la pronto a svelare il suo inferno.
In tale
situazione aveva solo il conforto della bici.
Senza
meta saltava su e via.
Per
raccogliere uva in qualche campo abbandonato.
Oppure
per dirigersi in una scuola di ex-comunisti convertiti al
commonwealth o nella città splendente di luce dove le persone
ti accolgono con il sorriso, ti abbracciano calorosamente.
Quando
non era in bici ascoltava musica.
Una
ricerca facilitata dalla rete.
Dopo
anni di carestia, una marea di artisti era apparsa dal nulla pronta a
rimpolpare la nuova avanguardia elettronica.
Tecno-dub,
minimal, acid dall'accento teutonico pronta a strizzare l'occhio a
certa acid-house inglese di fine ottanta.
Aveva
pure ripreso a mettere su musica, a avere una playlist.
A
mancare il pubblico delle grandi occasioni.
Pochi
gli intenditori.
Anche
perché così presi dal lavoro, dallo studio non c'era tempo di
immergersi in quelle melodie rumorose.
Meglio
semmai certa musica facile non prima di aver affogato i pensieri
nell'alcol o nella chiacchiera infinita.
Con la
scusa dell'ironia, del gioco, dell'essere easy a tutti i costi nelle
sale alternative a tirare era il porno-trash.
E non
c'erano cazzi.
Nichilismo
di massa allo stato puro.
Tutto
livellato secondo una perversa logica edonistica conservatrice.
Alla
fine non c'era altro da fare.
Aspettare.
Dare
tempo.
Dopo
l'ultimo raccolto estivo si apriva un nuovo inverno.
Il
momento della semina.
In
attesa di una nuova primavera.
Mesi
rintanati sotto terra.
Per
rinascere ancora.
O
morire del tutto.
P.s.
bona la prima...
nn ce perdo nemmeno il tempo di correggerlo...
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