Da
vari anni non tornava in quel luogo.
Da
quando partito un mondo se ne era andato.
Di
botto.
Una
vera apocalissi.
Il
tempo a venire per realizzarlo.
Capisci
allora dell'inconsistenza di quanto ci circonda, di quanto
all'apparenza sembra contare.
Basta
spostarsi di poco.
E
tutto cambia senza ritorno.
Allo
stesso tempo comprendi la forza dei propri desideri, della volontà,
dell'amore, dell'intento sottaciuti.
Uno
sguardo non indifferente capace di trasmutare la materia grezza, la
povera realtà in un mondo magico bellissimo. Certo con le sue ombre,
le idiosincrasie opportunamente silenziate.
Forse
è proprio questo uno dei possibili sensi del portare la luce dove
prima era buio. In fondo c'è notte e notte. E la più nera non
sempre ha un risvolto negativo. Così spegnere tutte quelle luci
artificiali può essere l'occasione per saper captare nell'oscurità
scintille di luce. Insomma per vedere meglio a volte bisogna prima
fare buio. Allora in certi momenti di illuminazione scopri che non
tutte le vacche sono nere. Anche avvolti in tanto nero qualcosa di
residuale trapela. Forse lì si annida l'essenziale. Buio e silenzio
gli strumenti da sempre per fare questo vuoto. Per andare oltre
quella illusoria continuità percettiva. Il punto (quasi) zero da
conquistare. Quel non luogo foriero di possibilità infinite se solo
lo si cercasse senza se e ma.
Ma
il discorso oggi prende un'altra piega.
Qui
lo sguardo è più quello dell'angelo benjaminiano intento a volgersi
a tergo per mirare le macerie della storia.
In
questo caso i cumuli di rovine sono soltanto la realtà grezza, il
substrato rimesso a nudo.
Finito
l'amore, il collante di quel mondo, rimane solo questa materia
povera, basilare pronta per nuove doglie. Intanto però niente più
scintille capaci di illuminarla solo a volerlo. Da soli o insieme. Lo
sforzo collettivo nel tentativo magico di attivare livelli inauditi
in potenza, bellezza. Senza quel carburante impossibile elevarsi.
Avoja a pronunciare parole magiche, a scuotere bacchette, vincastri.
Ecce
realtà nuda.
Soltanto.
La
più vicina alla sensazione pura.
Il
bicchiere mezzo vuoto.
Niente
più trasporto.
Come
se ogni cosa avesse perduto l'anima.
In
giro solo fantasmi, no... zombie.
Vedo
anche cri.
La
guardo.
È
a pochi passi da me.
Lontana
all'infinito.
Di
un'altra dimensione.
Preferisco
tacere.
Non
annodare discorsi inutili.
Impossibile
incontrarsi con lo sguardo.
Niente
più riflette.
Come
vivessimo due realtà separate da una membrana trasparente anonima.
Fra
tanta gente nessuno mi riconosce più.
Anche
quando provo a salutare.
Come
fossi trasparente, etereo.
In
loro si rispecchia solo il fantasma di quel marco che fu.
Terminiamo
il giro con gli amici stranieri.
La
sensazione di stare girando nei corridoi di un museo a ciel sereno. A
mirare oggetti, situazioni anonimi oramai al di fuori da ogni uso se
non quello della contemplazione distaccata.
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