Lo avevano concepito
in inverno.
Un'idea semplice.
Fare il pane con gli
amici.
Autoproduzione come
oggi si sente spesso dire.
Non solo.
A muoverli un certo
fascino per il fuoco.
Uno dei quattro
elementi fluidi insieme all'acqua, l'aria e la terra. Per il suo
potere di trasformazione.
Vi va di costruire
un forno a legna?
Stavamo pensando la
stessa cosa.
Occhei. Facciamolo.
A natale scesero
tutti a campobasso.
Per quasi una
settimana studiarono il modo.
Poi un giorno ecco
il progetto prendere corpo.
Anche perché come
un'idea contagiosa tutti intorno a loro si erano fatti in quattro per
renderlo possibile a partire dalla ricerca delle materie prime.
Una mattina presto
dentro il garage del nonno vincenzo, le vecchie e le nuove
generazioni decisero di mettersi all'opera.
Esperienza da
vendere unita al vitalismo, alla spensieratezza senza tempo. Ora dopo
ora il forno cominciava a prendere forma sopra un carrello
industriale a tre ruote arrivato lì in qualche modo.
Già questo venne
percepito come un piccolo miracolo.
Ma senza immaginarlo
si era solo all'inizio.
Il problema ora era
dove portarlo.
Vari tentativi in
alcuni centri sociali, associazioni culturali.
Senza mai trovare la
quadratura del cerchio.
Poi un giorno
l'intuizione giusta.
Camere d'aria.
Lo spazio dei
laboratori partot, del festival della zuppa.
Un po' fuori dal
centro.
Quanto basta per non
essere sopraffatti dal caos cittadino, dalla frenesia contagiosa
degli studenti. La distanza giusta per vedere le cose con distacco,
lì a un passo dai binari della ferrovia, barriera insormontabile ma
anche punto di fuga verso l'infinito.
A vegliare in
silenzio sopra tutto santa rita da cascia la patrona del quartiere,
la santa dell'impossibile manco a dirlo.
Trovato il posto ora
bisognava capire come spostare il forno a ruote di cinquecento
chilometri. Un carretto mobile si fa per dire di più di mille chili.
Senza mai un dubbio.
Con una certezza
cieca di riuscire.
Tutto il prestigio
di una vita, le conoscenze giuste del nonno vincenzo per trovare un
camion diretto a nord.
Ma non bastava.
Una volta arrivato
come scaricarlo a destinazione?
Niente paura. Ecco
comparire dal nulla branco un rom bosniaco. Lui non abita nei campi
ma in una casa con la famiglia. Per vivere raccoglie ferro vecchio
con il suo furgoncino munito di gru.
È lui a prendersi
l'onere di sollevare il forno per poggiarlo nel giardino di camere
d'aria.
Più facile a dirsi.
Anche perché del
forno si era vista solo qualche immagine digitale.
Alla fine il grande
giorno era giunto!
La mattina dopo
averlo sistemato nel retro del camion con un muletto era partito in
direzione nord.
Lo si aspettava per
sera.
Verso il tramonto.
Fino a allora tutti
in trepidazione.
Un giro di voce per
mettere insieme braccia robuste e intelligenti. Non si sa mai.
L'appuntamento fuori
l'uscita della tangenziale.
Alla fine ci si
trova un poco più in là lungo la rotonda sotto la tangenziale a un
passo da via massarenti.
Un camion, meglio un
tir con rimorchio tutto bianco.
Mastodontico.
Oltre ogni
aspettativa.
Sorpresi da tanto si
va verso camere d'aria passando per viuzze strette. Via guelfa la
destinazione. Un via costruita per andarci a cavallo in carrozza non
certo per lanciare i 1000 cavalli ruggenti tenuti a freno sotto
l'acceleratore.
Branco con il
camioncino è già a camere d'aria.
Non senza difficoltà
arriviamo a destinazione.
La strada antistante
viene completamente saturata dal camion.
Il traffico
bloccato.
Impossibile
realizzare l'intento lì.
Non c'è abbastanza
spazio.
Dall'alto della sua
esperienza tiziano, il camionista dà la soluzione.
Cercare uno spazio
aperto dove caricare il forno sul camioncino di branco.
Per uscire da quel
buco una curva a novanta gradi.
Le macchine
parcheggiate a stringere la carreggiata.
Si sfiorano gli
specchietti retrovisori.
La velocità quella
di una lumaca.
Come pensare di
passare tra calli e canali con un transatlantico.
Alla fine riusciamo
a prendere il largo.
Con branco in testa
usciamo dal centro abitato.
Ora il motore può
ruggire tutta la potenza fino allora frenata.
Giunti in un grande
parcheggio i due mezzi si affiancano.
La stessa manovra di
una piccola astronave in procinto di attraccare sull'astronave madre.
Tiziano dopo aver
visto i mezzi a disposizione sembra sconfortato. Non dice nulla. Lo
si vede chiaramente. Nessuno osa dire una parola. L'aria è sospesa.
La tensione a mille.
Non c'è tempo di
fare previsioni.
Si può solo agire
incrociando le dita.
O la va o la spacca.
Tertium non datur.
Tiziano si muove sul
camion come una scimmia.
Salta da tutte le
parti, si arrampica fino al soffitto.
Tocca bottoni per
aprire il tetto.
Scioglie nodi per
liberare il forno dai lacci.
Ora tocca a branco.
Dopo aver avvolto in
fasce il forno, averlo assicurate al gancio del braccio meccanico
sale in sella alla gru.
Nessuno batte
ciglia.
Tanta la souspance.
Il motore sotto
sforzo fa la voce grossa.
Sbuffa come un toro
legato al palo.
Per il peso il
camioncino oscilla paurosamente.
Tutto è in
tensione.
Uno sforzo di troppo
potrebbe innescare reazioni imprevedibili.
Meglio stare
distanti.
Non si sa mai.
Il forno alla fine
si solleva leggermente.
Quasi incollato a
una calamita.
Un ulteriore colpo
all'acceleratore.
Preso per le corna
il toro alla fine molla la presa.
Non senza rumori
sinistri.
Un attimo di
sospensione in aria.
Poi lentamente si
accovaccia dentro la pancia vuota del camioncino schiacciandolo a
terra.
Metà lavoro è
fatta.
Per difenderlo dalle
forze centrifughe si decide di lasciare la gru con i cavi in
tensione.
Moh bisogna
spostarlo più lentamente possibile in direzione di camere d'aria.
Metro dopo metro la
meta si avvicina.
L'ostacolo più
grosso un passaggio a livello.
I fili elettrici a
una spanna dalla sommità della gru. Ce la farà? Tutti a trattenere
il respiro. Dentro una fiducia irreale. Oltre ogni ragionevolezza.
Questioni di centimetri. Il camion passa. Salvata la pelle anche
questa volta. Osare senza se, senza ma.
L'ulteriore prova i
dissuasori del traffico.
Superati alla
velocità di una formica.
Il freno tirato per
annullare il dislivello senza danno.
Arriviamo a camere
d'aria sulle ali dell'entusiasmo.
Niente sembra
riuscire a fermare l'allegra brigata.
Branco branco, leò
leò.
Con meno patemi si
sposta il forno nel suo luogo naturale di fianco al muro
dell'edificio. Non prima di aver dovuto superare la recensione alta
un paio di metri. Come un salto in alto prima di atterrare sull'erba
morbida.
Anche stavolta tanti
i problemi da risolvere ma con la consapevolezza di averlo già
fatto.
Alla fine tutti a
guardare increduli il forno a terra.
Una cosa impensabile
fino a pochi minuti prima.
La sensazione di
aver partecipato a qualcosa di straordinario.
Un miracolo degno
della santa dell'impossibile.
E non si pensi ai
rom solo come ladri.
Le parole
soddisfatte di branco.
Affaticati più per
lo sforzo mentale a fronte di tanto eccesso, con lo stomaco vuoto è
ora di terminare la serata in cucina.
A attenderci i
resti della cena della sera prima.
Finalmente un po' di
pace.
Seduti sul terrazzo
all'aperto a rivivere quei momenti impressi a fuoco sulla retina. Un
vertice esperienziale difficile da descrivere a parole, da riuscire a
comunicare ai più.
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