martedì 19 maggio 2015

Un forno impossibile o il teatro delle celebrazioni

Lo avevano concepito in inverno.
Un'idea semplice.
Fare il pane con gli amici.
Autoproduzione come oggi si sente spesso dire.
Non solo.
A muoverli un certo fascino per il fuoco.
Uno dei quattro elementi fluidi insieme all'acqua, l'aria e la terra. Per il suo potere di trasformazione.
Vi va di costruire un forno a legna?
Stavamo pensando la stessa cosa.
Occhei. Facciamolo.
A natale scesero tutti a campobasso.
Per quasi una settimana studiarono il modo.
Poi un giorno ecco il progetto prendere corpo.
Anche perché come un'idea contagiosa tutti intorno a loro si erano fatti in quattro per renderlo possibile a partire dalla ricerca delle materie prime.
Una mattina presto dentro il garage del nonno vincenzo, le vecchie e le nuove generazioni decisero di mettersi all'opera.
Esperienza da vendere unita al vitalismo, alla spensieratezza senza tempo. Ora dopo ora il forno cominciava a prendere forma sopra un carrello industriale a tre ruote arrivato lì in qualche modo.
Già questo venne percepito come un piccolo miracolo.
Ma senza immaginarlo si era solo all'inizio.
Il problema ora era dove portarlo.
Vari tentativi in alcuni centri sociali, associazioni culturali.
Senza mai trovare la quadratura del cerchio.
Poi un giorno l'intuizione giusta.
Camere d'aria.
Lo spazio dei laboratori partot, del festival della zuppa.
Un po' fuori dal centro.
Quanto basta per non essere sopraffatti dal caos cittadino, dalla frenesia contagiosa degli studenti. La distanza giusta per vedere le cose con distacco, lì a un passo dai binari della ferrovia, barriera insormontabile ma anche punto di fuga verso l'infinito.
A vegliare in silenzio sopra tutto santa rita da cascia la patrona del quartiere, la santa dell'impossibile manco a dirlo.
Trovato il posto ora bisognava capire come spostare il forno a ruote di cinquecento chilometri. Un carretto mobile si fa per dire di più di mille chili.
Senza mai un dubbio.
Con una certezza cieca di riuscire.
Tutto il prestigio di una vita, le conoscenze giuste del nonno vincenzo per trovare un camion diretto a nord.
Ma non bastava.
Una volta arrivato come scaricarlo a destinazione?
Niente paura. Ecco comparire dal nulla branco un rom bosniaco. Lui non abita nei campi ma in una casa con la famiglia. Per vivere raccoglie ferro vecchio con il suo furgoncino munito di gru.
È lui a prendersi l'onere di sollevare il forno per poggiarlo nel giardino di camere d'aria.
Più facile a dirsi.
Anche perché del forno si era vista solo qualche immagine digitale.
Alla fine il grande giorno era giunto!
La mattina dopo averlo sistemato nel retro del camion con un muletto era partito in direzione nord.
Lo si aspettava per sera.
Verso il tramonto.
Fino a allora tutti in trepidazione.
Un giro di voce per mettere insieme braccia robuste e intelligenti. Non si sa mai.
L'appuntamento fuori l'uscita della tangenziale.
Alla fine ci si trova un poco più in là lungo la rotonda sotto la tangenziale a un passo da via massarenti.
Un camion, meglio un tir con rimorchio tutto bianco.
Mastodontico.
Oltre ogni aspettativa.
Sorpresi da tanto si va verso camere d'aria passando per viuzze strette. Via guelfa la destinazione. Un via costruita per andarci a cavallo in carrozza non certo per lanciare i 1000 cavalli ruggenti tenuti a freno sotto l'acceleratore.
Branco con il camioncino è già a camere d'aria.
Non senza difficoltà arriviamo a destinazione.
La strada antistante viene completamente saturata dal camion.
Il traffico bloccato.
Impossibile realizzare l'intento lì.
Non c'è abbastanza spazio.
Dall'alto della sua esperienza tiziano, il camionista dà la soluzione.
Cercare uno spazio aperto dove caricare il forno sul camioncino di branco.
Per uscire da quel buco una curva a novanta gradi.
Le macchine parcheggiate a stringere la carreggiata.
Si sfiorano gli specchietti retrovisori.
La velocità quella di una lumaca.
Come pensare di passare tra calli e canali con un transatlantico.
Alla fine riusciamo a prendere il largo.
Con branco in testa usciamo dal centro abitato.
Ora il motore può ruggire tutta la potenza fino allora frenata.
Giunti in un grande parcheggio i due mezzi si affiancano.
La stessa manovra di una piccola astronave in procinto di attraccare sull'astronave madre.
Tiziano dopo aver visto i mezzi a disposizione sembra sconfortato. Non dice nulla. Lo si vede chiaramente. Nessuno osa dire una parola. L'aria è sospesa. La tensione a mille.
Non c'è tempo di fare previsioni.
Si può solo agire incrociando le dita.
O la va o la spacca.
Tertium non datur.
Tiziano si muove sul camion come una scimmia.
Salta da tutte le parti, si arrampica fino al soffitto.
Tocca bottoni per aprire il tetto.
Scioglie nodi per liberare il forno dai lacci.
Ora tocca a branco.
Dopo aver avvolto in fasce il forno, averlo assicurate al gancio del braccio meccanico sale in sella alla gru.
Nessuno batte ciglia.
Tanta la souspance.
Il motore sotto sforzo fa la voce grossa.
Sbuffa come un toro legato al palo.
Per il peso il camioncino oscilla paurosamente.
Tutto è in tensione.
Uno sforzo di troppo potrebbe innescare reazioni imprevedibili.
Meglio stare distanti.
Non si sa mai.
Il forno alla fine si solleva leggermente.
Quasi incollato a una calamita.
Un ulteriore colpo all'acceleratore.
Preso per le corna il toro alla fine molla la presa.
Non senza rumori sinistri.
Un attimo di sospensione in aria.
Poi lentamente si accovaccia dentro la pancia vuota del camioncino schiacciandolo a terra.
Metà lavoro è fatta.
Per difenderlo dalle forze centrifughe si decide di lasciare la gru con i cavi in tensione.
Moh bisogna spostarlo più lentamente possibile in direzione di camere d'aria.
Metro dopo metro la meta si avvicina.
L'ostacolo più grosso un passaggio a livello.
I fili elettrici a una spanna dalla sommità della gru. Ce la farà? Tutti a trattenere il respiro. Dentro una fiducia irreale. Oltre ogni ragionevolezza. Questioni di centimetri. Il camion passa. Salvata la pelle anche questa volta. Osare senza se, senza ma.
L'ulteriore prova i dissuasori del traffico.
Superati alla velocità di una formica.
Il freno tirato per annullare il dislivello senza danno.
Arriviamo a camere d'aria sulle ali dell'entusiasmo.
Niente sembra riuscire a fermare l'allegra brigata.
Branco branco, leò leò.
Con meno patemi si sposta il forno nel suo luogo naturale di fianco al muro dell'edificio. Non prima di aver dovuto superare la recensione alta un paio di metri. Come un salto in alto prima di atterrare sull'erba morbida.
Anche stavolta tanti i problemi da risolvere ma con la consapevolezza di averlo già fatto.
Alla fine tutti a guardare increduli il forno a terra.
Una cosa impensabile fino a pochi minuti prima.
La sensazione di aver partecipato a qualcosa di straordinario.
Un miracolo degno della santa dell'impossibile.
E non si pensi ai rom solo come ladri.
Le parole soddisfatte di branco.
Affaticati più per lo sforzo mentale a fronte di tanto eccesso, con lo stomaco vuoto è ora di terminare la serata in cucina.
A attenderci i resti della cena della sera prima.
Finalmente un po' di pace.
Seduti sul terrazzo all'aperto a rivivere quei momenti impressi a fuoco sulla retina. Un vertice esperienziale difficile da descrivere a parole, da riuscire a comunicare ai più.

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