Una vita allo
specchio.
La caduta dal
paradiso sembrerebbe quella di essere entrati nel mondo della
dualità, dell'immagine riflessa, del giudizio dell'altro, il dover
essere secondo il proprio ideale, gli altri, la società. Tutto ciò
per nutrire la propria presunzione, hybris.
Il teatro, ma più
in generale la città, il luogo labirintico, claustrofobico della
mente dove si gioca il ruolo del soggetto rappresentato. Sia nella
scena ma soprattutto dietro le quinte, nel camerino, al bar, per
strada. È lì che la “macchina antropologica” lavora
sotterraneamente nella costruzione delle parti, nell'identificazione
ripetuta dei ruoli fino a incarnarli profondamente. Luogo eminente
dello specchio. Sottolineato dalla presenza costante degli specchi.
Sia reali nel camerino dove guardarsi, identificarsi in un ruolo, sia
simbolici come il volto dell'amata o la critica, il pubblico durante
la rappresentazione per sedurli con il proprio fare.
La vera battaglia
non è tanto quella di convincere di essere autorevoli, di crearsi un
prestigio, quanto uscire da quella macchina diabolica nel senso
letterale di macchina della divisione, della scissione tra la vita e
la conoscenza e della riarticolazione delle parti. I frammenti da
riassemblare, mettere insieme all'infinito. Uno sforzo pari a quello
di Sisifo.
Aprire una finestra
verso l'ignoto l'unico modo reale di trovare la via della libertà.
Dal punto
di vista formale la continuità della vita prima e dopo l'incidente,
Un piano sequenza ininterrotto. Il rullo dei tamburi gli accenti
emotivi a colorare la continuità. In mezzo c'è il suicidio tentato
poi il sonno, il coma. Un momento di sospensione dove trovare pace,
un insieme di immagini discontinue, fino a arrivare a vedere le
stelle, la luce. Ma non è ancora tempo. La morte non è stata
perfetta. Giù allora gettati di nuovo a incarnare una nuova “vita”.
Al punto che tra il prima e il dopo lo stesso personaggio sembra
irriconoscibile, direi un altro attore, sottolineato dalla
tumefazione tra occhi e orecchio come una maschera nera a nasconderlo
ancora come una foglia di fico.
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