In cinque su un
risciò.
Quattro vogatori più
il dj attento a cliccare il brano giusto sul lettore mp3. Tra i due
guidatori una sfera di vetro a mosaico luccicante stile studio 54.
Sul tetto una filotto di lucine colorate lampeggianti come un albero
di natale.
Per sottolineare
ancor più la vocazione hippie psichedelica, un grosso fiore dai
petali colorati di plastica trasparente.
Ne sono rimasti poco
più della metà.
Il resto è andato
perso in chissà quale altra avventura.
Non serve altro.
Via.
Pronti a immergersi
tra la folla.
La partenza... un
varo.
Non prima di aver
stappato la bottiglia di birra.
Tolti i cunei si
comincia a scendere lenti.
Pian piano si prende
velocità.
Un tonfo lungo...
E si sprofonda nelle
acque fino a sparire per buona parte.
Allora la corsa si
arresta.
Rimane solo un
movimento inerziale.
Il varo è andato.
Indietro non si
torna.
Meglio buttarsi
decisi nella baraonda.
La musica a palla
vomitata dalle due grosse casse sotto il carro una davanti, una
dietro.
Brani leggeri, easy,
adatti alla situazione.
Da un classico pop a
un canto popolare.
Il risciò nelle
mani di abili navigatori solca la folla come un rompighiaccio.
La musica lo
strumento per sciogliere i blocchi davanti.
Sfiorati i bottoni
giusti le persone intorno si lasciano andare. Danzando si spostano
leggiadre. Neanche si fosse al carnevale di Rio.
Sono tutti
sorridenti, aperti, ben disposti.
I più sorpresi i
bambini.
Spiazzati da tale
marchingegno a quattro ruote lo guardano quasi avessero visto
un'astronave.
La bocca aperta.
Gli occhi sgranati.
Paralizzati lo
seguono lentamente con lo sguardo mentre tutto intorno ribolle, si
contorce.
C'è chi allunga un
cinque, chi vuole salire a bordo per qualche metro.
Da sopra il carro si
risponde a tutti con un sorriso, facendo schioccare forte i palmi
delle mani l'uno contro l'altro. Un modo come un altro per
contagiarsi con la gente. Quasi si fosse portati a braccio sospesi da
terra per volare chissà dove. Un pò come nelle processioni rituali
dell'america latina o del sud. Però qua è tutto pacificato. Lontano
ricordo i segni della morte. C'è spazio solo per il divertimento, la
voglia di stare bene. Dimentichi di tutto il resto. Storditi dalla
folla, dalla musica, dal vino contadino profuso a mo' di acqua santa.
Voilà la nuova
ritualità dionisiaca depurata di ogni simbologia sacra.
Superficialità pura da consumare subito. Il paradiso per un giorno.
Anche per trovare le forze di affrontare docilmente il calvario
quotidiano incagliati sopra montagne di libri o persi nelle fauci di
qualche lavoro precario. Uno, due secondo necessità. Pur di fare
quadrare i conti di una fragile economia domestica. Affidati spesso a
una cieca provvidenza a termine.
Ma che ce frega.
Oggi via tutti i
problemi.
Spazio solo al
sorriso, all'entusiasmo.
All'improvviso una
sirena.
Non una di quelle
seducenti in mare.
Solo l'urlo
penetrante di un'ambulanza con i fari accesi a tutta birra.
Come il mar Rosso di
fronte a Mosé le acque si ritraggono.
Ecco aprirsi la via
per una possibile salvezza.
Giusto il tempo del
transito.
Poi il varco si
richiude.
Ogni cosa viene
sommersa dalla fiumana colorata.
L'onda in movimento
solo per un istante trattenuta riprende il suo cammino con lo stesso
tran tran di prima.
Di nuovo scende la
notte.
Dopo un incedere
nomade inarrestabile la carovana festaiola si dirige verso il parco.
Spiaggiati lì nel
prato verde la luce si fa sempre più fioca.
Chi può si
avvinghia calorosamente con qualcuno per alleviare la temperatura
scesa repentinamente.
È arrivato il
momento di volgere lo sguardo in alto verso il cielo stellato.
Davanti una notte
lunga tutta da inventare.
Che domani è
un'altro giorno.
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