venerdì 21 marzo 2014

La grande illusione

Ho dormito a jesi.
L'alba a casa di fabrizio è bellissima.
Il sole sui colli lontani velato da una leggera nebbiolina,
Tanta luce rifratta.
La sospensione totale.
Solo un rumore di fondo monotonale tutto assorbente.
Rimango per un po' così a guardare fuori. Immerso completamente in questo scenario mitico.
Non dura molto.
La vita chiama.
Alle otto e un quarto chiudono i battenti della scuola elementare.
Prima c'è da fare la colazione, preparare gli zaini, accertarsi di non dimenticare nulla.
Il tempo anche di sapere l'orario delle lezioni.
Italiano, matematica, ginnastica...
Otto meno qualche minuto e via.
Loro in macchina.
Io in bici.
Giù per le colline verdi.
Verso la città.
Come dentro un'arteria periferica si arriva velocemente al flusso principale.
Le tante macchine ordinate fanno la fila davanti al semaforo.
Per andare al lavoro, per portare i figli a scuola.
Altri in netta minoranza pensano come ammazzare un'altra giornata tutta da inventare.
La meta probabile la biblioteca.
La mattina il momento buono per destreggiarsi tra i vuoti bianchi delle parole messe in croce sulla carta come tanti ostacoli da evitare per non cadere nella loro trappola.
In tale flusso vitale dove tutti hanno uno scopo, una meta definita, mi perdo.
Lo stesso smarrimento di un alieno venuto da chissà quale pianeta capitato lì per caso.
Se oggi la parola nichilismo ha ancora un qualche significato penso sia proprio questa sensazione di non appartenenza a niente, di identificazione fallimentare.
Posso solo guardare quel popolo incantato con stupore.. Senza riuscire a spiegarmi come fanno a essere così attivi, positivi come nulla fosse.
Certo quella sensazione provata la mattina presto tra le colline, con quella luce rimane. Ti senti per un istante a casa. Ma in mezzo quel vitalismo inutile resta un ricordo lontano.
In quella pace interiore il desiderio di non esserci più, di poter sparire a comando con un tocco di bacchetta magica.
Non funziona così.
In mezzo a tante persone aliene non più amiche c'è da passare ancora un pugno di ore.
Il tempo di digerire il nulla assoluto della sera prima per smaltire la "grande bellezza" locale. Niente di sfarzoso, chiassoso. Altri i ritmi, gli ambienti.
Alla fine a prevalere le buone cose di qua, la cucina, il vino, gli ottimi alimenti a dare sostanza a quel vuoto cosmico, a salvare la serata.
Un attimo di ingenuità fatale pensare di riuscire a entrare in quei riti, a integrarsi in quei contesti per mettere radici, per rovesciare la gettatezza in pro-getto. Come dire a una medusa caraibica con i suoi lunghissimi filamenti tesi dalla corrente di fare la cozza patella in uno scoglio della riviera.

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