mercoledì 23 novembre 2011

Voodoo Sound

Quel giorno suonavano da Maurizio.
Un buco da aperitivo.
Tanto era piccolo da non starci tutti.
Così erano stati scremati su più piani.
In fondo la sala.
Attaccati alla parete con delle ventose come gechi.
Un miracolo di acrobazia averli incastrati tutti. Compreso il batterista con la batteria in formazione ridotta. Di fianco il basso, sopra il piccolissimo soppalco. A seguire il chitarrista allocato sulle scalette. Sotto ancora, circondato dal pubblico venuto apposta per loro, il frontman, cantante, tastierista, sassofonista...
Appiccicati l'un l'altro come sardine in scatola ci si sorreggeva a vicenda. Difficile, quasi impossibile raggiungere il bancone del bar infestato di corpi appoggiati come cozze patelle sullo scoglio.
Afrobeat il genere.
Musica dionisiaco orgiastica, però profonda, fatta bene, pure impegnata. Ma soprattutto danzereccia. Anche perché immediata nei rif, nelle melodie, nei ritmi neri voodoo in grado di possederti l'anima. Allora ci si lascia andare come marionette muovendo sinuosamente il corpo non senza eccitazione. Insieme, sfregandosi l'un l'altro. Rispondendo con il sorriso a sguardi complici.
Eppure quel giorno non erano partiti bene.
Troppa la fatica di cominciare la cerimonia. Per l'ennesima volta. Un rito infinito, all'apparenza sempre uguale. Difficile divertirsi se è lui a possederti totalmente...
Ma alla fine qualcosa era scattato.
Anhe quel giorno il miracolo si era compiuto, complice la pausa e la reprise.
Erano tornati trasformati.
Come avessero riposto nell'armadio le loro svogliate controfigure.
Si... ora li si riconosceva senza ombra di dubbio.
A dimostrarlo erano i bacini n'roll, le braccia dimenanti, gli occhi chiusi di piacere, le labbra premute delicatamente.
Di colpo era salita la temperatura.
C'era chi si svestiva mettendo a nudo le superfici sudate.
Anche i musicisti provati dallo sforzo erano in apnea.
Presto!
Acqua!
La gola del chitarrista aveva preso fuoco.
Una giovane ragazza in carne con un vestitino nero estivo scollato, lo sguardo vispo come un porto dove affogare per una notte, passa una bottiglia al chitarrista quasi offrisse se stessa. Impossibile rimanere indifferenti a tanta prodiga sensualità.
Come un coccodrillo immobile da tempo dietro un cespuglio, gli occhi del sassofonista si illuminano di botto per inseguire quel movimento leggiadro. Le labbra socchiuse prefigurano un piacere orgasmico. Tutto stando fermo, continuando a suonare come nulla fosse. Per la fiera affamata anche oggi è arrivato il lauto pasto. La vita nuda colta nell'istante del suo donarsi. Prima di vederla nascondersi ancora sotto strati di carne anonima, apatica quanto la superficie di un cadavere.

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