mercoledì 23 giugno 2010

Il tempo che resta e Survivors

Il tempo che resta
La creatività giocata solo come modo fine a se stesso, per divertimento puro con i propri amici. Senza scopo se non quello della risata conviviale, dello stare insieme e del volersi bene. Affidati all'occasione pura, al momento propizio. Quel kairos irripetibile e irriproducibile oltre ogni simulacro o virtualizzazione possibile. Perché l'importante è essere lì per essere la cassa di risonanza di qualcosa di bello, per far emergere insieme un'armonia precaria flebile. Recepibile solo dai presenti se sintonizzati sulla stessa frequenza grazie a delle antenne sensibili.
Nel tam tam di segnali riflessi, inevitabilmente distorti, nella ridondanza di battute giranti a vuoto attorno al sottaciuto voler stare bene insieme, nell'accudirsi precario, in un breve frangente si genera quella sospensione spensierata e creativa. Ma anche quell'innalzamento capace di smuovere all'occorrenza le montagne. Però così, solo per gioco, senza voler danneggiare e offendere nessuno. Perché tutti, presenti o no, ne possano giovare senza distinzione di sorta. L'impresa come spettacolo discreto d'amore di attori inconsapevoli e senza volto. Prima di bruciare tutto senza nostalgia, diretti verso un'altra occasione o il nulla.
Il fare è solo pretesto.
La meta è solo una scusa per innalzarsi da qualche altra parte non prevista. L'inatteso è il risultato del mettere in atto queste energie potenziali nascoste. È questo il gioco di specchi capaci di trasfigurare l'immagine di sé verso orizzonti imprevisti e inauditi. Sapendo che ciò non è una prerogativa individuale ma la risultante di una interazione reciproca, di un gioco di squadra. Solo quando si solidarizza insieme si entra in tale nuova dimensione. Allora si veste i panni sottili di altre identità. Invisibili per i più, ma non per i presenti coinvolti. Eppure, nonostante tutto, qualcosa riverbera nell'aria e si diffonde contagioso. Alla fine si è tutti quanti catturati. Una piacevole sensazione emerge delicatamente ridisegnando gli equilibri locali. Per un po' nulla sarà più come prima. Altri sentieri invisibili si aprono e nuove dimensioni sembrano possibili.
Tutto questo può nascere solo partendo dalla constatazione di essere solo di passaggio, in viaggio ramingo all'interno di terre sconosciute. Inutile volerne fare la propria casa o volerne ridisegnare la superficie. Che so provando a definire obiettivi o luoghi da conquistare o da appropriarsene. Tanto vale invece lasciarsi contagiare e invadere. Ma non senza filtrare nulla. In ogni caso non si è nella totale mercè del fato, né spettatori solo passivi. Anche nel nostro piccolo possiamo fare qualcosa, lasciando aperto lo spiraglio per un confronto con l'alieno, l'altro su cui siamo poggiati fin da quando abbiamo cominciato a muovere i primi passi. Certo è poco. Eppure anche in questo poco può nascere qualcosa di bello quanto di effimero e inconsistente. Un quasi nulla di cui però non si riesce a fare a meno. Se non cercare di riprovare ogni volta di riattivarne la magia grazie a quel flebile esperimento esistenziale al quale ci si lascia infantilmente andare. Ma non prima di aver dismesso i propri piani, i propri progetti. Denudatisi di tutto è allora possibile superare ancora tale soglia per rivestirsi di questa tenue veste, nuova e vecchia allo stesso tempo. Sapendo però che non sarà per sempre.


Survivors
Essere sopravvissuti vuol dire essere ancora vivi dopo innumerevoli prove. Dopo aver lanciato la sfida contro il mondo e ancor prima sé stessi. Non tutti alla fine riescono a raccontarla. Di solito si rimane in pochi, di solito non i migliori. La maggior parte in un modo o nell'altro si estingue, scompare e viene risucchiata irrimediabilmente.
Eppure era necessario tutto questo?
Al termine si scopre solo di aver giocato con la propria vita senza senso.
Se ne poteva fare a meno?
E chi lo sa...
Ai nuovi “volontari” pronti a imbracciare lo zaino in spalla attraverso i sentieri contorti della vita per gettarsi contro il nemico più terribile, sé stessi, cosa dire?
Ei novello don Chisciotte sei proprio sicuro di volerti scaraventare contro quei mulini a vento per provare a infrangerli come idola?
È veramente questo che cerchi?
O c'è dell'altro ancora?
Comunque vada, magari proprio a partire dalle macerie di quei crolli, puoi forse trovare ulteriormente qualcosa di più risibile e inconsistente eppure altrettanto vitale e imprescindibile. Il confronto empatico con l'altro sopravvissuto. Con il prossimo tuo sconosciuto da sempre al tuo fianco.
A volte per vederlo bene in volto occorre legarsi.
Innanzitutto per smettere di rincorre le sirene a cavalcioni del proprio mulo o della propria zattera. Oltre che per avere la possibilità di osservare di riflesso gli altri in preda a tale passione sfrenata e seducente.
Chissà...
No oggi non sarò io a dire cosa fare.
Perché non l'ho ancora capito, nonostante abbia vissuto assai e appreso molto.
Prossimo mio, spero ancora di averti al mio fianco per raccontarsela ancora e ancor più per battere nuove piste immaginarie ancora da vivere e da scrivere.
Tutto con il minimo sforzo.

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