venerdì 29 novembre 2013

Cul de sac

 2:30. Il tempo necessario per coprire in stop i 200 chilometri da un casello all'altro.
Non male.
Giusto il tempo per un dialogo proficuo con claudio. Un organizzatore di vendite, capo di un piccolo numero di informatori farmaceutici. È in crisi. Il su
o gruppo si sta ristrutturando. È giunto il momento di diventare squali o carne da macello. Non ci sta. I suoi compromessi non arrivano a tal punto. In fondo in tanto grigio ha sempre cercato di ottimizzare al meglio le risorse disponibili, spesso turandosi il naso. Ma quando è troppo è troppo. Dopo l'inevitale momento di crisi è l'ora di dare una svolta. La famiglia è dalla sua parte. Uniti potranno farcela. Più difficile comunicarlo ai suoi collaboratori. Tirare una linea per decidere insieme da quale parte stare. Di qua o di là. Ognuno libero nelle proprie scelte. L'indomani è provato. All'autogrill risponde cupo: oggi non è giornata. Ma dopo pochi passi ci ripensa. Dai monta su. Due ore di conversazione proficua, tra PNL, etica, valori condivisi. Ci si lascia con il sorriso. Meglio di quando ci si era incontrati poco prima. Lo scambio ha funzionato. In quella di terra di nessuno il miracolo di un incontro altrimenti impossibile. 
Ora rimane il più difficile. 
Arrivare a torre 58. 
Da jesi centro a torre 58. 
Arrivo alla stazione grazie a un migrante del burchina faso. È gentilissimo. Avrebbe voluto portarmi a destinazione se una spia anomala sul crusotto non lo tenesse in allarme. Ma va bene così. Ha già fatto più di quanto richiesto. Ci si saluta con affetto. 
In mezzo alla strada con un piccolo cartone con su scritta la destinazione della meta finale in prossimità di una rotonda. Lì le macchine rallentano fino a quasi a fermarsi. La possibilità remota di un incontro istantaneo per decidere le sorti di entrambi. Pochi gli sguardi curiosi. Più facile tirare dritto, fare finta come se non esistessi. Poco il traffico. Ancora tutti occupati dentro gli uffici, nelle fabbriche. Le sensazioni non sono buone. Senti l'aria in tensione. Chiami fra per sentire dov'è. Ma niente da fare. Poi vedi arrivare la volante della polizia con le luci accese in mezzo alla strada tra le due carreggiate. Procede lenta verso la tua direzione. Tra le righe pedonali e la linea bianca continua. Non mi sposto di un millimetro. Li obbligo a fermarsi lì in bilico tra la corsia di destra e di sinistra. 
Ci hanno chiamato apposta.
Qualcuno si preoccupa della tua sicurezza.
Noi siamo qui per proteggerti.
Fatti più in là, qui non puoi stare.
Noi ci teniamo anche alla tua salute.
Solito copione.
Il diverso come elemento di disturbo della quiete pubblica.
Non ci sto.
Faccio resilienza.
Da qui non mi sposto.
Siete i tutori della legge.
Occhej.
Dimostratemelo.
Vorrei vedere l'articolo di legge a proposito.
In tal caso lo seguiro senza fiatare.
Prendono il codice della strada.
Guardano l'indice.
Articolo 123.
Un attimo di pausa.
Trovato.
Lo leggono attentamente.
Nulla contro di me.
Non sanno che pesci prendere.
Vai di là dall'altra parte. 
Sul bordo della strada. 
È meno pericoloso.
Non siamo in inghilterra.
I guidatori stanno dalla parte opposta.
Di là non vedrebbero il cartello. 
Alla fine cedono.
Ma guarda te.
Rubano in una banca e nessuno chiama.
Poi vedono un autostoppista e tutti si preoccupano.
Ci salutiamo.
Non prima di aver visto i documenti, di essere arrivati al punto di scazzo, poi sbollito con una stretta di mano. Un'incazzatura da risolvere. L'ennesimo schiaffo di una città di merda. Conservatrice e bigotta fino all'inverosimile. Luogo dove le libertà individuali vengono calpestate senza scrupoli. Da bologna a jesi. Dal paradiso all'inferno. Siamo alle solite. Ora è diventata una questione di principio. Continuare a fare lo stop. 
Mi va bene.
Trovo subito un passaggio fino a ponte magno.
Pochi attimi. Per imbattermi in una macchina guidata da una donna con due bimbi. È macedone, probabilmente di etnia albanese. Le dico dobre ma sembra non capirmi. Per fortuna i bambini parlano italiano. Grazie a loro riesco a comunicare. 
Mi guardano con il sorriso.
Un po' stupiti.
Il fuori programma li ha incuriositi assai.
Straniero in patria.
Migrante come il ragazzo del burchina faso o la mamma macedone. Uguale a loro nella differenza. Le stesse emozioni in una terra dal volto ostile e severo.

Nessun commento:

Posta un commento