venerdì 29 novembre 2013

Torre chiama bemydelay

Avevano già suonato ad ancona al glue lab.
Il solito mestiere, bei pezzi, bella voce, ma non avevano sutipito. Certo era la prima data del tour, dovevano ancora oliare gli ingranaggi, trovare l'alchimia giusta. Il luogo asettico color blu notte spoglio di tutto non aiutava a far emergere la loro attitudine più genuina. 
C'era chi li aveva definiti folk elettrico.
Ma non bastava.
La loro era una musica dal profondo.
Soul music si sarebbe detto una volta.
Però filtrata attraverso il minimalismo, i velvet underground acustici. Suoni inconsistenti come le loro vite fragili. Si sostenevano con niente. Note appena accarezzate ripetute all'infinito, piccole variazioni di tocco, un effetto rumoroso di fondo bastavano a animarli, a dare loro nuova vita.
Quella sera però quella magia non si era ancora attivata.
Fuori dal locale si era passata la sera a chiacchere e birra. Tutti insieme. Tra amici. Poi a una certa tutti a nanna. Il tempo di sentirsi per un nuovo appuntamento di ritorno dal tour. A torre 58. per un concerto tra amici, in intimità.
Si erano conosciuti all'elastico, tra tanti concerti promossi da marcella, alias be my delay, complice una sensibilità comune, lo stesso approccio alla vita sempre con il sorriso nonostante il vuoto dentro. Avevano imparato a sopravvivere con quanto disponibile, di più a rilanciare in un vitalismo semplice dove a contare era innanzitutto l'amicizia, uno sguardo di accoglienza, un sorriso aperto, anche perché non erano cresciuti abbastanza e navigavano ancora in quella spensieratezza puerile senza tempo.
Neanche una settimana, una toccata e fuga al sud, varie date del tour annullate e il giorno di ritorno già arrivato. Con una settimana di anticipo. Decisero di portare avanti comunque l'evento. “Torre 58 si muove” insieme a “be my delay” alias marcella e maurizio il nuovo chitarrista al suo fianco. 
In tutta fuga i ragazzi di torre 58 avvertirono i pochi amici disponibili. Da poco si erano trasferiti lì e non si erano integrati abbastanza da avere una voce in capitolo in quelle terre di campagna a uno sputo da ridenti borghi selvaggi.
Fissarono l'appuntamento per il tramonto, stimato verso le cinque. Complice anche il cambio dell'ora. Alle sei il primo invitato ad arrivare, seguito a ruota da una coppia matura. Gente del posto conosciuta da poco. I più inaspettati. Eppure è grazie a loro se la serata si era animata. Mauro, elevandiero, fabiola.
Poi man mano ecco giungere anche gli altri.
Il gruppo musicale arrivò puntuale verso le sette e trenta come segnalato dal navigatore. Il tempo di portare su ampli, chitarre, microfono, di fare due minuti rotti di soundcheck. Una paglia ancora, un caffé per riprendersi dal lungo viaggio, un po' di cibo appena cotto da quelli della casa e via. Dentro la stanza più grande appena munita di stufa economica si era fatto un po' di spazio tra il tanto casino accumulato in quei giorni. Il vuoto creato venne colmato con cuscini poggiati su bancali a terra posti tutto attorno al palco, un grosso tappeto marrone della casa. Un paio di luci di traverso giusto per disegnare qualche contrasto, per affondare i corpi nel buio quanto basta e si era già pronti. Come d'incanto le note cominciarono a uscire una dietro l'altra per prendere una forma riconoscibile. Un incontrarsi reciproco per intrecciarsi proficuamente. Il tempo di costruire un valido tappeto sonoro per accogliere la bellissima voce di marcella particolarmente ispirata. Calorosa quanto non mai senza però mai essere invadente. Coadiuvata da un leggero feedback dell'amplificatore marshall sullo sfondo ottenuto per creare un effetto ambiente vivo. Senza fretta i pezzi cominciarono a assumere una forma sempre più riconoscibile. Non senza perdersi volutamente in tanti giri ripetuti sottovoce, tocchi appena accennati sulle corde quasi titillate per far venire fuori quei piccoli gemiti armonici evocativi fin nel profondo. Sensualità femminile e psicadelia noise a braccetto. Un connubio perfetto per arrivare a implodere dentro i propri cassetti nascosti fino a sentire forte un anelito di apertura incondizionata verso l'altro. A occhi chiusi. Per essere assorbiti ancor più da quelle melodie, per assaporare meglio il viaggio. Quella sera si era realizzato ancora il miracolo di trovare il giusto equilibrio in quelle strutture precarie tenute in piedi solo con l'anima. Un pezzo dopo l'altro. Senza fretta. Oltre la barriera del tempo. Per avere la possibilità di indugiare proficuamente in quei luoghi reconditi solitamente messi da parte. Certo la solita caccia a kurtz ma con il sorriso di fronte all'orrore. L'unica arma disponibile per sopravvivere. Cinque, sei, sette alla fine otto pezzi incantati. Una serata speciale, almeno per quella manciata di persone ancora disposte a volare lontano. Nonostante la stanchezza del giorno, la fatica del lavoro. Consapevoli di aver vissuto qualcosa di straordinario in tutta quell'altissima semplicità.
Grazie be my delay.

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