domenica 28 dicembre 2014

Il canto in lingue come anagramma del nome di dio

Secondo gli ebrei le parole derivano dall'anagramma del nome di dio, cioè dalla sua dispersione, disseminazione. A ciò va aggiunto il valore di rappresentazione che esse hanno assunto. Il compito di referenziare un mondo coerente per qualcuno. Ingabbiando in questo modo il potenziale insito nel significante puro. Obbligandolo a essere qualcosa di determinato.
Liberando le parole da tale ruolo si prova a restituire “quel massimo di energia nei segni”. Tale è l'efficacia simbolica dei segni. Cosa significa segno simbolicamente efficace? Quando un segno diventa efficace al di là del suo uso referenziale. Per non accollarsi piú il mondo sulle sue spalle, il suo peso. Per avere la stessa leggerezza del fuoco, del fumo capaci di librarsi verso l'alto nello stesso momento in cui la materia organica si dissolve in cenere. Bruciare, consumare per elevarsi. Lo spirito l'elemento residuale di tale operazione. Quanto si manifesta di concomitante a tale processo di dissoluzione. Per questo il fuoco è divenuto un messaggero tra la terra e il cielo. Anche le parole come il fuoco possono aprire a nuove dimensioni, a nuovi piani di realtà. Quando oltre qualsiasi rapporto logico economico di significazione si aprono a uno scambio simbolico. Libere da tutto quanto le obbligano destinalmente a significare codici significanti presupposti. Syn-balleyn, mettere insieme qualcosa che si è rotto, spezzato. L'unità andata in frantumi. Far coincidere la parte con il tutto. Uno scambio impossibile. Oltre ogni logica economica. E non si tratta di rimettere insieme i cocci per accumulazione tentando di rinsaldarli, articolarli insieme. Questo è quanto prova a fare ogni discorso, ogni narrazione. No qui si tratta piuttosto di un atto di fede cominciando a neutralizzare il senso, i significati. Far coincidere il tutto con la parte, nel senso di farli cadere, accadere insieme. Senza più nessuna logica causale, né rapporto, né vincoli. Per aprirsi in potenza. Stare insieme, mettere insieme senza motivo, senza finalità precostituite. Far accadere neutralizzando e le parti e il tutto, confondendoli insieme. Forse così le parole verranno liberate dal loro significato profano, dal mondo precostituito per aprirle al-(l'im)-possibile, all'altro. Restituendole così al loro fine di medium con l'altro, con gli altri mondi. Per essere solo porta, apertura pura, vibrazione armonica, linea di fuga. Forse così riacquisteranno la loro forza operativa. Non per inseguire nostalgicamente quanto è andato perduto, ma per generare tutto quanto era da sempre in potenza, senza ingabbiarlo in un atto conclusivo. Senza pensare di arrestare le parole, ma farle fluire, sapendole lasciare andare e tornare liberamente, facendole vibrare. Per innalzarsi ancora. Come fa il fuoco. Le parole “sono semplicemente rese allo scambio”, si rendono disponibili. Grado zero di significazione, chenòsi del senso come apertura massima a tutte le significazioni possibili. Allora forse si raggiungerà anche il godimento. Infatti il godimento non si ottiene nell'effettuare strumentalmente una forza, ovvero nel compimento di un atto finalizzato, cioè nella realizzazione, compimento di un opera. Ma si ottiene quando si libera la potenza nell'atto stesso, cioè agendo l'impotenza. Nella contemplazione di tale potenza, di tale tensione insita in ogni opera sta la bellezza. La contemplazione della dynamis, della dinamicità del movimento puro.
Di questa parola non resta nulla, ed essa non si accumula da nessuna parte, perchè il potere [in senso negativo] è residuo di parola”. Nel senso che è residuo di valore, di ciò che vale, obbliga di conseguenza. Il nome di dio non va pronunciato, ma solo disperso, disseminandolo senza più resti di valore. Solo morendo, nel sacrificio di se stessi, di dio, del desiderio, di quanto ci si aspetta, di quanto si vorrebbe, solo abbandonando tutto quanto partorito dall'ego che nuovi mondi appariranno. Al di là del soggetto, al di là del bene e del male, al di là del potere inteso come “forza di legge”, ovvero forza obbligante a qualcosa di dato. Il sacrificio al di là di ogni tentativo rituale di contenerlo è invece violenza pura, liberatrice, violenza deponente che non si costituisce più in un nuovo potere. Ė potenza pura all'occorrenza, del qui e ora, per dare forma volta per volta, istante per istante. Come fa iside ricomponendo all'occorrenza il corpo smembrato di osiride.
Tornando alla disseminazione essa non va confusa con la emanazione. Sarebbe ancora una volta pensare a dio come a qualcosa di persistente, che preesiste, che continua a dare forma, a influire. No. Dio quando muore, muore. Poi risorge dal nulla, non dai suoi resti. Emerge dal nulla ogni volta. Dal nulla nel senso anche di vuoto. Dall'assenza. Ogni volta appare, si manifesta nella concertazione di finito e infinito, niente, tutto. Espressione di una coincidenza fortuita. Poteva essere come non essere. Se è, è per piacere, per diletto. Perché a prevalere è la gioia. Si spera di tutti.
A morire in croce è la regalità, la verità, la via, la vita, dio stesso. Non può essere credibile da ciò nessun esoterismo, nessun messaggio nascosto da ricercare tra le righe come un codice segreto informatore, preformatore. “Nessun significato profondo, nessun re-investimento, se prima non si lascia tutto, non lo si lascia morire fino in fondo lasciandolo essere come fantasma”. Lasciare andare corpo e spirito. Essere lo psicopompo di dio per non portarlo da nessuna parte. Dis-perderlo soltanto, neutralizzarlo, volatilizzarlo, senza sacralizzare piú niente. Conta solo il piano d'immanenza, il flusso, il divenire puro. Aspettare nel sepolcro la rinascita possibile. Non prima di essere transitati negli inferi, nei propri incubi, per liberare i fantasmi, lasciandoli andare via per sempre senza legarli a qualcosa, a qualcuno, dio, il valore. Per incontrarlo ancora prima va esorcizzato, anatemizzato, ridotto allo zero assoluto, al vuoto, al nulla, cioè al grado zero di valore, di significazione. Il nichilismo è l'operatore metafisico di tale trasformazione, della transustansazione, del nuovo transito. In fondo per scoprire i buchi neri ci si è dovuti prima svincolare dall'abbaglio della luce delle stelle. Nel fare vuoto il mistico non trova dio ma il vuoto. Chi pensa di trovarvi dio, qualcosa, qualcuno non è sceso abbastanza nella notte dello spirito. Al limite, se gli va bene, può trovare a una spanna da lui la realtà impercettibile, il reale al di là di ogni immaginazione

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