martedì 9 dicembre 2014

Anima

Che cos'è l'anima?
Per qualcuno è la vita stessa. Ciò che anima il corpo da dentro, quanto ci fa essere vivi. Il soffio vitale.
Se le cose stanno così il problema diventa come definire la vita.
Per i greci antichi la vita si dice in due modi.
Da un lato c'è la zoè. La vita tout court. Ovvero la vita biologica, corporea a tutti universale. Il substratum da cui si innestano poi tutti gli altri livelli. È a partire da questo livello che può esistere l'anima di marco e via dicendo. Ovvero quella parte di vita riconducibile a dei caratteri specifici. Quel livello di vita in grado di rispondere, ovvero di essere responsabile, per questo, secondo alcuni schemi di giudizio, di giustizia, imputabile. E grazie a essa se ci si identifica in qualcosa, qualcuno, a un fare.
Eppure l'anima di marco non è affatto riconducibile né a un'idea astratta di anima, né al solo corpo. Perché questo cambia nel tempo. Allo stesso tempo però qualcosa di invariante rimane. Un modo di essere, una forma di vita riconoscibile a prescindere, riconducibile all'anima di marco. Qualcosa di caratteristico in qualche modo, di unico, immutabile.
Allo stesso tempo se partiamo dal bios, l'ultimo livello, quello della vita qualificata, ovvero la vita politico-etica il problema non si risolve. Non basta definire il bios, cioè attualizzare un poter essere qualcosa, qualcuno per descrivere l'anima di marco. È qualcosa di più. In questo senso essa non può essere assimilata al ruolo, al compito che andrà ad assumere destinalmente nella vita. Come non la si può dedurre dalle sole opere, dal fare specifico, dai suoi prodotti (pro odos).
Insomma l'anima individuale non la si può ridurre a uno dei due poli, alla vita tout court in senso fisiologico, né a quella qualificata. Piuttosto sta lì in mezzo. Li tieni uniti senza articolarli.
Infatti a un altro livello l'anima è quanto permette all'interno di una vita di poter contemplare la propria potenza specifica all'interno di una operatività, di un'opera. Insomma è quanto all'interno di una vita porta a sospendere l'operatività rivolta a un fine, a un uso prefissato esponendola. Dandosi così a conoscere. Ovvero rendendo intellegibile un modo di essere per una coscienza. Solo a questo punto si riesce a scoprire il gioco del mondo. A smascherarlo. A non identificarsi più personalmente uscendo dallo stordimento, dall'abbaglio. A questo punto la potenza liberata si rende disponibile a un altro uso. Senza però ricadere più nel gioco delle identificazioni, cioè uscendo dal gioco dei ruoli, dal dover articolare nuove forme di vita in cui ricadere assorbiti completamente. Solo a partire dalla contemplazione della propria vita si riuscirà a trovare la forma di vita migliore. In questo caso a contare sarà piuttosto la ricerca dell'armonia, del giusto mezzo, il mesos bios all'interno della propria esistenza. Ovvero un modo di essere equilibrato, in sintonia a partire proprio da quei ruoli assegnati dal destino una volta smascherati, cioè dopo l'acquisizione di una nuova coscienza per viverli con un certo distacco.
L'anima è questo filtro, la resistenza che fa si di non essere più solo uno strumento banale di quanto ci precede, ci costituisce nelle fondamenta. In questo senso è anche il punto di contatto tra individuo finito e spirito infinito. É quanto fa da medium. Nè l'uno né l'altro. Ma quanto li fa coincidere insieme, coincidere ovvero cum cedere, ovvero cadere insieme. Lasciandoli sussistere entrambi senza articolarli, cioè senza appiattirli l'uno su l'altro. Così l'anima è quel rumore di fondo che lascia esprimere il tutto in una forma singolare. Dando luogo a una delle tante manifestazioni dello spirito. Senza poterlo identificare in nessuna in particolare. Se non nella moltitudine indefinita di queste, manifeste tutte insieme allo stesso tempo.

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