giovedì 2 gennaio 2014

Il giorno prima della fine

Il tempo era alle corde.
Non ce n'era più.
Solo poche ore ancora.
La mattina presto aveva preparato le borse con tutte le sue cose. Messi i libri negli scatoloni, smontato il parquet. Ottantanove pezzi, uno dopo l'altro. Immerso in totale solitudine o quasi si stava preparando per un nuovo viaggio. Ignota la meta. Di sicuro lontana non meno di duecento chilometri. Aspettava in silenzio. Si sentiva leggero, con il sorriso. Ancora un piccolo sforzo fino all'indomani quando ebbri di festeggiamenti i nottambuli sarebbero tornati a casa. Lui no. Controcorrente come sempre. Partiva per una nuova odissea. Con la vecchia macchina del babbo stracolma al punto di non riuscire più a vedere nulla fuori. Un viaggio della speranza. Anche per rirovarsi. Alle otto e un punto. Non prima di aver lasciato un messaggio affettuoso di commiato accanto a una bottiglia di prosecco. Per un festeggiamento mancato. Ma pazienza. Così va la vita. Non valeva perdere tempo in chi sa quali recriminazioni. Anzi come un bambino piccolo si godeva quegli istanti da solo. Dopo aver progettato tutto senza dire nulla a nessuno. Tranne quei pochi amici fidati. Gli ultimi rimasti. Quelli venuti a posta per salutarlo ci fosse stata pure una montagna di neve. Lori, sté, fabio, alex, pierpa. Nessuna ragazza. Un segno inequivocabile. Così per confermare in piena luna nera il difficile momento con l'elemento femminile. Quell'universo strano, spesso inconciliabile, incomprensibile. Nella notte di ecate di loro si sentivano solo i fantasmi.
Quella sera stretti intorno al tavolo mangiarono insieme. Un ultima cena. Poi ebbri di vino presero gli strumenti. Il basso a sei corde di fabio, il cojon, il tamburo sciamanico, la chitarra folk di béa, la grande assente, il barattolo di miele di alex, il secchio del mocho di teo, giunto con tre suoi amici sul tardi. Accordo in mi maggiore e via. Giusto per sincronizzarsi. Poi come per magia si spalancarono le porte delle percezioni. I ritmi incalzanti venivano naturali e le note si incastonavano a meraviglia. La musica non sembrava più giungere da fuori. Come per miracolo nasceva dentro, risuonando nel petto. Come si fosse entrati in una dimensione corale dove tutti sapevano cosa fare. Una serata bella per un ultimo canto del cigno. Per carità niente effetti speciali. Ma a suo modo eccezionale per il solo fatto di essere stata possibile. Già questo un miracolo visti i segni dei tempi.

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