domenica 26 agosto 2012

Nottenera

Non so cosa la muove.
Ma una forza inesauribile la possiede.
Un crescendo annuale tocca il suo culmine l'ultimo sabato di agosto.
Le sottili trame tessute sotterraneamente per un anno intero trovano il senso, il compimento.
Il seme gettato ha dato ancora i frutti.
Maturi sono pronti per la raccolta.
Di notte.
Senza luce.
Al massimo qualche lead per segnalare le strade di pietra.
Si potrebbe stare con il naso all'insù per mirare le stelle fisse.
Ma non c'è tempo.
A risplendere di più in tanto buio è la luce di una miriade di eventi.
Sono loro a catturare gli sguardi.
Chi in piazza accomodati nel salotto per sostenere idee, chi in strada per inventare nuovi comportamenti, abilità psico-fisiche, chi in spazi chiusi a mostrare i propri oggetti, foto, musiche.
Tutto nell'arco di una notte baciata da una luna a metà.
Non c'è tempo per la pioggia preannunciata.
Aspetterà l'indomani.
Quando ogni cosa sarà finita.
Allora il grande sacrificio sarà compiuto.
E sarà il momento di purificare le vie dal sangue sparso, dai resti lasciati dappertutto.
Prima però c'è da salvare il salvabile.
Tavoli, sedie, faretti, pennarelli.
Il sostrato da cui ripartire l'indomani.
Materia libera di trasformarsi docilmente secondo necessità.
Lei è ancora lì in prima linea.
Dopo aver tenuto a bada miriadi di voci anarchiche con il cellulare, trovato la misura giusta tra spinte divergenti, umori inquieti, esigenze inderogabili, narcisismi irriducibili.
Insieme a un manipolo di volontari, al sindaco, allo staff fa il lavoro sporco.
Quello snobbato da tanti artisti fugaci quanto le loro esibizioni.
Con una lucidità da paura trova ancora le soluzioni opportune.
Un cavatappi con coltellino per tagliare fascette di plastica. Il tutto tenendo a bada una panca di legno sottobraccio.
A seguirla sono soprattutto i giovani del paese pronti a dare fondo alle ultime energie prima di morire in branda. Non senza l'immancabile ultimo brindisi propiziatorio stremati sui gradini del comune.
Poche le parole affogate nell'ottimo vino.
Troppo presto per tessere bilanci.
Davanti solo un vuoto abissale.
Lì a una spanna.
Pronto a risucchiarti inesorabilmente.
Prima di essere colmato di nuovo.
Duro il giorno dopo.
Quando a pezzi sarà il momento di fare i conti con sé stessi, con gli altri.
Solo dopo si potrà cominciare a mettere insieme i cocci sparpagliati.
Non senza aver toccato il fondo.
Il momento più difficile.
Fragili come cristalli.
Un niente per essere spazzati via.
Ma non sarà così.
Sopravvissuti ancora.
A sé stessi, alle faide interne, alla noncuranza di tanti.
Dalle ceneri una nuova energia si sprigionerà contagiando tutti.
Allora si sarà di nuovo un sol corpo pronto a agire all'unisono. Verso un'altra meta.
Per tutti quelli barricati in casa, con le finestre chiuse, la luce accesa, il televisore come unica finestra sul mondo è il momento di sollievo.
In attesa della prossima apocalisse possono tornare alle loro tranquille esistenze di paesani non troppo flashati dal buio delle stelle. Abituati a ritualità meno appariscenti, a dèi più silenziosi.

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