venerdì 17 agosto 2012

Fiore del deserto

Pochi giorni a ferragosto.
Bologna è deserta.
Non si sta male.
Il caldo torrido dei giorni passati se n'è andato.
In giro poca gente.
Manca la frenesia di sempre.
Il ritmo è polleggiato.
Il passo lento.
Gli sguardi si incrociano benevolmente.
In tanto vuoto si cerca un porto gentile dove attraccare, un sostegno necessario.
Come d'abitudine si va in giro a zonzo, senza meta.
Sarà dura fare serata.
Nei soliti posti nessuno conosciuto.
Meglio telare che non è giornata.
Dopo un venerdì di destrutturazione non è il caso di andarsela a cercare.
Ultima spiaggia stefino veg rimasto nonostante tutto a dispensare granite bio sotto i portici di via petroni mai così silenziosi.
Anche i tossici si sono sciolti al sole rovente dei giorni passati.
O forse sono emigrati in riviera.
Il clima è surreale.
La sospensione totale.
La sensazione di galleggiare leggiadri in mezzo a tanto vuoto. Senza più i piedi per terra. O meglio le ruote. Impegnate a disegnare insolite traiettorie lineari sotto i portici. Non ci sono nemmeno le ronde armate di poliziotti. Gli addetti alla sicurezza di chi va a letto al tramonto. Nessuno a porsi come ostacolo da aggirare, a farti scendere con le buone o le cattive.
Pure la strada sembra più pulita.
Niente cartacce o macchie di liquidi maleodoranti sparsi in giro.
Insomma una città quasi a misura d'uomo.
Il clima insolito è predisponente.
Così l'umore è buono.
A attestarlo il sorriso beota tra una pedalata e l'altra.
Un altro piccolo sforzo e ci siamo.
Ecco la vetrata di stefino con la panchina old style posta di fronte.
Manca la fila.
I vantaggi dell'estate.
Mandorle e caffè.
Come di solito.
Prendo il bicchiere colmo e mi siedo fuori.
Ieri vi avevo trovata simona accompagnata da una giovane amica con la madre al seguito. Tutte con il gelato in mano. Con loro si era fatta serata fino a notte fonda. Aspettando pazientemente di essere gli ultimi a sgomberare la piazza. Dopo un po' di smancerie la coppia seduta dall'altra parte alla fine si era decisa. Svogliatamente si era alzata e a aveva preso la strada di casa. Ora era il nostro turno.
Oggi però il miracolo non sembra ripetersi.
La panchina è vuota.
Vabbè.
Vai con il cucchiaino di plastica a scavare gallerie nella granita gelida.
Gli ultimi affondi e via verso casa.
Con ancora in mente gli strascichi della serata passata.
In fondo, la speranza recondita è di imbattermi per caso nella giovane amica damsiana di simona incontrata qualche anno fa, quando aveva appena diciotto anni. Il pretesto una festa arikrisna organizzata dalla madre.
Beh non sembra proprio giornata.
Pochi secondi ancora e a casa di corsa. Provando a dribblare il niente assoluto o al massimo qualche zanzara recidiva rimasta nonostante tutto.
Dallo sfondo si delineano due ragazze giovanissime.
Non vanno dritte ma ondivaghe, appoggiate precariamente l'una sull'altra.
Mi colpisce subito quella con le fred perry ai piedi e un vestitino colorato a fiori tanto riot girl sofisticata. Con i capelli neri tesi in balia al vento. Avvolta dalle spire della penombra si arresta per un attimo, coinvolgendo inerzialmente l'amica a lei appiccicata.
Da quella sagoma nera parte un suono sibilato.
Non è possibile...
Illuminato per un attimo dalla luce intravedo uno sguardo stupito.
Metto insieme quelle sillabe in libertà e provo a darle un senso. Nonostante il rincoglionimento della giornata appena passata ancora lì a annebbiare la mente, a bloccare i normali flussi di pensiero.
Alla fine un bagliore improvviso.
Ma è lei!
Un tonfo di gioia mi assale.
Il cervello torna a girare a mille.
Le poche energie residuali vengono bruciate in pochi secondi.
La macchina finora assopita si attiva di botto.
Sarà per il look in tiro, i capelli ribelli sensuali.
Ben altra musica rispetto a ieri.
Voilà emerso un tutto sommato prevedibile lato dark.
Ogni poro, lo sguardo vivo esprimono una bramosia impaziente tenuta a bada con difficoltà.
Nemmeno il tempo di fare due chiacchiere, squilla il telefono.
Si allontana un po'.
Piazza aldrovandi?
Arriviamo subito.
Noi siamo...
Le suggerisco al volo via petroni.
Si, in via petronio.
Il tempo di mangiare il gelato e siamo lì.
La voce al telefono l'ha attivata ulteriormente.
Ogni cellula è ancor più protesa verso la meta.
Il cuore ha cominciato a battere forte.
Il flusso sanguigno è pronto a irrorare di energia i muscoli contratti sotto la superficie liscissima come può esserlo la pelle profumata di una ventenne.
Beh noi si va!
Alla prossima.
Quando torni voglio assaggiare il tuo pane.
Sicuro.
Come fosse passata una cometa rimane solo la scia di profumo, di pulito.
Per un istante.
Poi torna il solito buio fondo dei portici.
Nemmeno il tempo di finire di assaporare il piacevole retrogusto, si siede un giovane con le braccia tatuate con in mano due kebab.
È molto socievole.
Ci salutiamo.
Viene naturale parlare, conoscersi meglio. Come si fosse amici da chi sa quanto.
È lì a portare la cena all'amica gelataia. Una ragazza minuta con il pearcing vicino le labbra. La stessa conosciuta qualche granita fa. Allora aveva un ascesso grosso grosso.
Senza clienti da accudire anche lei si è seduta sulla panca.
Un attimo di pausa.
Il momento giusto per addentare il kebab.
Domani stefino chiude.
Potrà raggiungere il ragazzo a viterbo.
Sarà per la magrezza, per l'assenza di sorriso, gli occhi provati.
Si percepisce una tristezza cronica.
Poche le speranze di cambiare le carte in tavola.
La chiusura inaspettata della gelateria la proietta verso una dimensione inusuale. Quella della vacanza.
Eppure la lieta novella non sembra scuoterla più di tanto.
Quasi avesse preferito continuare a distribuire granite all'infinito. Così avvezza a lavorare senza sosta.
Nonostante tutto è dolcissima e disponibilissima.
Come può esserlo chi è già morto già ma non abbastanza per esalare l'ultimo respiro.
A guardarlo il suo amico potrebbe essere uno squatter.
È senza lavoro.
Nemmeno lo cerca.
Cacciato a forza fuori dalla società "civile" prova a trovare una nuova dimensione.
In fondo ricorda uno di quei personaggi di zavattiniana memoria filtrata però dall'immaginazione di un jarry. Patafisica esistenziale di un'umanità allo sbando capace di tirare fuori dal cilindro soluzioni impossibili. Non senza essere eccentriche e disperate. La stessa immortalata nelle periferie romane da pasolini o in quelle milanesi da de sica. Solo mezzo secolo dopo. Giusto per confermare la famosa legge dei ricorsi storici. Avanti e indietro dall'abisso. Al momento a tutta velocità verso un nuovo imbarbarimento. Magari la possibile soluzione per uscire da questa crisi profonda.
Vorrebbe procurarsi una macchina per pulire il marmo dei portici. Per liberarlo da tutto quel nero appiccicoso accumulatosi in tanti anni di abbandono. Così. Senza chiedere il permesso a nessuno. Di sua iniziativa. Per dare nuovo lustro a quella via normalmente invivibile. La speranza provare a sopravvivere con le mancie spontanee. Senza chiedere nulla a nessuno. Giusto per tirare a campare. Il cibo, le sigarette, un giaciglio. Niente più.
Al di là di tutto si è tutti sulla stessa barca.
Uno spoliamento continuo.
Velo dopo velo.
Per provare a portare alla luce lo zoccolo duro residuale.
Quella vita nuda non barattabile con altro.
È ora di andare.
Ci salutiamo con affetto.
La speranza di incontrarci ancora.
Pure oggi è andata.
Un nuovo miracolo.
Un'altra storia da raccontare.
Alleluja.

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