lunedì 1 marzo 2010

The funeral party

C'è più gente del previsto.
Non sono passato a casa.
Da lontano vedo le macchine ferme pronte per la processione.
No, sono venuto solo per rendere testimonianza di un'esistenza apparentemente inutile.
Tutte le sovrastrutture simboliche, i riti... no, quelli non mi interessano.
Anzi, tendo preferenzialmente a schivarli.
Meglio la compagnia di un cadavere, piuttosto.
Almeno è oramai privo di maschere.
In qualche modo è solo vita nuda, sebbene orientata verso altre dimensioni esistenziali.
Comunque sfidando tutte le coincidenze possibili sono riuscito a essere puntuale all'appuntamento.
Addirittura ho una manciata di minuti d'anticipo d'amministrare.
Il tempo di prendere un caffé in un baretto a.r.c.i. di campagna, dove il caffé costa solo settanta centesimi.
Certo, non ho potuto evitare del tutto il contatto con gli autoctoni.
Nella fattispecie un vecchietto posseduto da qualche spirito che pretendeva la precedenza mostrando il pugno teso sulle righe pedonali.
Lui con la macchina.
Chissà cosa aveva di così urgente?
Comunque bevo il mio caffé americano lunghissimo.
Vado al bagno.
Infine mi rivesto perché fuori c'è un vento freddo e pungente.
Ora sono pronto per il grande evento.
Mentre mi incammino verso il bivio per la chiesa, si intravede in avvicinamento una carovana di auto rigorosamente in fila.
La casa del morto è solo a due o trecento metri.
Però nessuno viene a piedi.
Sarà per il freddo... mah...
Siamo sincronizzati come due ruscelli confluenti nel medesimo bacino.
Alla fine ci si mescola e ci si contamina a vicenda.
Così, riesco a vedere passare davanti la fila delle macchine tirate a lucido.
I volti sono per lo più adombrati.
C'è chi porta gli occhiali scuri.
Comunque sono tutti vestiti sobriamente e con ordine.
Le macchine si fermano.
Uno dietro l'altro scendono gli occupanti.
Tra di essi ci sono anche la mamma e zia Gabriela.
Ci salutiamo.
La zia ha pure gli occhi lucidi.
Eh si, da un po' ha cominciato a sentire la morte vicina al suo fianco.
Sebbene nel frattempo la veda intenta a mietere nei paraggi.
E questo la terrorizza ulteriomente.
Ma chi non si trova nelle sue stesse condizioni?
Sotto a chi tocca...
Oggi a te... domani a me...
Sono questi i suoi probabili pensieri...
Finalente si entra in chiesa.
Sono le dieci e trenta in punto.
Si inizia.
Ah da quando sono sceso dalla corriera ascolto a busso la playlist rock.
Non voglio essere contagiato dal clima locale e mi sono barricato.
Ho eretto muri sonori di noise frapposti fra me e loro.
La messa comincia.
Vedo la gente segnarsi con la croce.
Intanto sotto scorrono gli Have a Nice Life.
Il brano selezionato random dal lettore dj è The future.
Che dire...
Per non destare troppa attenzione mi sposto in una cappella laterale.
La gente nel frattempo è intenta a alzarsi e a sedersi generando pattern ritmici di ola.
Tra un brano e l'altro si frappone monocorde la voce amplificata del prete.
Ma dura poco.
Il tempo per il lettore di caricare un nuovo brano.
Ecco allora i Portishead con Carry on.
Grazie Dio per la musica.
E grazie per i Portishead.
Questa è l'unica preghiera che riesco a formulare al momento.
D'un tratto, sebbene sia seduto in disparte, intento a scrivere sopra la rivista Forme di vita, titolo del tutto appropriato viste le circostanze, alcune persone sfidano il mio isolamento e si avvicinano con la mano tesa.
Ah, siamo già allo scambio della pace.
E famo sto scambio.
Ora siamo tutti più fratelli.
Sebbene poi provi a salutare una di quelle persone dopo, all'uscita.., ricevendo come controparte un intimorito freddo saluto.
Vabbé, almeno ci si sta avvicinando al gran finale.
Dopo pochi minuti, ecco pronunciare il fatidico...
Ammeneee!
Vai si torna a casina...
Ovviamente Dio, Morte, terremoti, tsunami, umani in divisa e no, subumani, animali, insetti, microrganismi, virus, meteoriti, inclinazioni dell'asse terrestre, glaciazioni, tegole, auto in corsa, vasi cadenti etc, etc, etc.... permettendo.
Un ultimo particolare.
Oggi ho scoperto finalmente il suo vero nome.
Edmondo.

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