Annichilire, annientare.
Ovvero ridurre al nulla.
La paura più grande.
Al punto da tenerti incollato alla
poltrona a qualunque costo oppure a accettare l'ennesima sfida tra
lobbisti. Così giusto per avere occupata la propria vita. Per non
vedere cosa si nasconde dietro quella maschera. Il prosopon da
cui deriva persona e personalità. La foglia di fico da indossare per
celare quel vuoto insopportabile da sempre dietro l'angolo pronto a
tirarti un agguato al momento opportuno. Una vera lobbista sa calare
il proprio asso quando tutti gli altri hanno scoperto le carte. Dopo
una continua escalation di successi la sfida più impegnativa.
L'ultima. Per non essere sorpresa. La sfida con la vita e il suo
potere di annichilire per trasformare in altro. Non accettarla e
lasciarsi travolgere dal flusso vitale, dal dinamismo esistenziale
incancrenendosi in un ruolo, la vera sconfitta. Smettere di
resisterle, abbandonarvisi piuttosto, confondendovisi, l'unica
soluzione. Anche a costo di tornare a essere nessuno. Via tutte le
maschere. A questo livello non è più sufficiente vincere l'agone
dialettico. Non importa più essere vincitore o perdente. Comunque si
riproduce coattivamente quella logica perversa. È tutto il sistema a
essere marcio. Fin nelle strutture generative più profonde.
Non è nemmeno sufficiente mascherarsi dietro il paravento del bene
contro il male. Anch'esso strumentale a tale logica. Alla fine non
conta più da quale parte stai. Nel gioco drammatico della fuga dal
ni-ente conta solo vincere per continuare a essere qualcuno.
Per sfuggire a quella normalità tutto azzerante.
Far implodere tutto.
Arrestare il meccanismo non prima
di averlo messo a nudo.
Lasciandosi poi crollare addosso
tutto il tempio con i filistei.
Questa l'ultima sfida.
La più grande.
Per non esserne più connivente.
Per tornare a dormire la notte.
Per ridare a quel miss un valore
più autentico.
Alla fine cosa rimane.
Cosa si cela dietro quella
normalità da tutti evitata come la peste.
Ma prima bisogna disintossicarsi
fin nel profondo.
Questa volta la vittoria ha un
sapore amaro.
Lo sguardo fisso dopo il terremoto, non lascia
trapelare nessun entusiasmo. Ad attendere Sloane c'è l'arresto, la
pena certa da scontare. La via stretta dove purificarsi prima di
conquistare la libertà.
Anche in questo caso nulla di
scontato.
Cosa la attende là fuori una
volta uscita?
Non basta più essere una mossa
avanti al proprio avversario se questo si annulla per diventare
imprendibile, indefinibile, inconsistente. Lo smarrimento il costo di
vivere nell'incertezza della banalità quotidiana. Di fronte alla
vita nuda. Da saper prendere così. Come viene.
Una volta usciti cosa fare?
Da dove ricominciare?
Dove andare?
Ecco salire lungo la schiena una
certa vertigine.
Fino a paralizzarti.
Lo sguardo fisso verso l'ignoto.
Il volto senza più riflettere
nulla se non quello smarrimento.
Ecce Sloane.
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