Secondo
Ugo Mattei, nel libro “I beni comuni. Un manifesto”: nella
cultura politica dell'illuminismo i beni comuni sono stati esclusi
dal novero delle categorie politiche e giuridiche rispettabili e sono
stati relegati a luoghi del pre-moderno, del selvaggio e del
medievale tanto da chi è favorevole tanto da chi è contrario alla
proprietà privata. Il COMUNE cessa di essere uno statuto
epistemologico dei beni avente pari dignità rispetto al PUBBLICO o
al PRIVATO.
La
nostra realtà è costruita intorno a categorie del possibile che
escludono i beni comuni proprio perché la loro privatizzazione
continua e progressiva, a scapito della natura e degli altri esseri
umani, è considerata un dato naturale non solo certo e irreversibile
ma anche desiderabile. Restituire dignità politico culturale ai beni
comuni significa fondare il discorso politico e giuridico su un'altra
realtà, quella di un MONDO NATURA, che non possono appartenere a
qualcuno soltanto ma che devono essere condivisi e accessibili a
tutti. Significa concepire prima gli interessi comuni di tutti gli
umani concepiti come un ECOSISTEMA DI RELAZIONI DI RECIPROCA
DIPENDENZA e solo successivamente gli interessi individuali, poiché
gli individui non sono neppure materialmente concepibili come monadi
isolate. I beni comuni smascherano gli assunti irrealistici
dell'individualismo Borghese.
Nel
libro “Comune, oltre il privato e il pubblico”, sorprendentemente
Toni Negri ci dice che per ridare dignità ontologica al Comune non
si può prescindere da una nuova forma-di-vita fondata su due
concetti profondamente interrelati tra loro che giocano un ruolo
assai significativo:
povertà e amore.
povertà e amore.
L'amore
è un concetto che offre un'altra prospettiva per comprendere la
potenza e la vita nel comune. L'amore è un modo per sfuggire alla
solitudine dell'individualismo ma non, come il discorso dominante ci
suggerisce, per isolarci di nuovo nella vita “privata” in coppia
in famiglia.
Amare
significa entrare in contatto, ovvero in una relazione produttiva,
cioè efficace-creativa all'interno di una dimensione olistica,
universalistica del mondo visto come un sistema complesso emergente
vivo plurilivellare non lineare. Più semplicemente sentirsi parte
del tutto, partecipare del tutto. Ovvero percepirsi essere tutto in
tutti e tutti nel tutto. Sapendo che ogni cosa interagisce e è
connessa con le altre. Una volta si sarebbe parlato di dimensione
cosmologica. Dove il micro si rispecchiava nel macro e viceversa.
Dove i livelli più sottili e apparentemente immanifesti interagivano
a doppio senso con quelli più manifesti.
L'altro
termine è quello di povertà.
Sentirsi
parte del tutto vuol dire superare l'idea che qualcosa possa essere
separato dal tutto per un uso privato, occasionale, locale.
Nulla
ci appartiene. Questa è la dimensione più autentica della realtà.
Il
Comune è inappropriabile, sebbene se ne possa fare uso se guidati da
una “Intelligenza generale” diffusa.
Secondo Agamben ne ”L'uso dei corpi” per Benjamin la vera giustizia “non ha nulla a che fare con la ripartizione dei beni secondo i bisogni degli individui perché la pretesa del soggetto al bene non si fonda sui bisogni ma sulla giustizia e come tale si rivolge non a un diritto di proprietà della persona ma a un diritto al bene del bene”. Insomma la giustizia viene presentata non come una virtù, ma come UNO STATO DEL MONDO, come la categoria etica che corrisponde non al dover essere, ma all'esistente come tale. Ed è in questo senso che essa può essere definita come uno sforzo di fare del mondo il bene supremo. Fare del mondo il bene supremo può soltanto significare esperirlo come assolutamente inappropriabile. In questo modo la POVERTÀ non si fonda su una decisione del soggetto ma corrisponde a UNO STATO DEL MONDO.
Secondo Agamben ne ”L'uso dei corpi” per Benjamin la vera giustizia “non ha nulla a che fare con la ripartizione dei beni secondo i bisogni degli individui perché la pretesa del soggetto al bene non si fonda sui bisogni ma sulla giustizia e come tale si rivolge non a un diritto di proprietà della persona ma a un diritto al bene del bene”. Insomma la giustizia viene presentata non come una virtù, ma come UNO STATO DEL MONDO, come la categoria etica che corrisponde non al dover essere, ma all'esistente come tale. Ed è in questo senso che essa può essere definita come uno sforzo di fare del mondo il bene supremo. Fare del mondo il bene supremo può soltanto significare esperirlo come assolutamente inappropriabile. In questo modo la POVERTÀ non si fonda su una decisione del soggetto ma corrisponde a UNO STATO DEL MONDO.
Non
si tratta dunque di dover rinunciare a qualcosa. La dimensione
dell'avere è solo un abbaglio. Qui l'uso del mondo e di sé stessi
si presenta come la relazione a un inappropriabile, come la sola
relazione possibile a quello stato supremo del mondo, in cui esso, in
quanto giusto, non può essere in alcun modo appropriato. Al massimo
si può incarnare una relazione di amore con esso. Così possiamo
definire ora l'amore come l’uso di sé in quanto relazione con un
inappropriabile. Ciò di cui facciamo esperienza nell’intimità è
il nostro tenerci in relazione con una zona inappropriabile di
non-conoscenza. Essa non si traduce in alcun modo in qualcosa che
possiamo padroneggiare.
Comune
non è mai una proprietà ma solo l'inappropriabile. La condivisione
di questo inappropriabile è l’amore.
Il
soggetto di tale nuova forma-di-vita è quello della moltitudine.
La moltitudine è un insieme di singolarità costituite dalla povertà e dall'amore nella riproduzione, conservazione, accudimento del comune. Non prima di essersi spogliate di tutte le figure storico-politiche del mondo. L'uomo senza più classi di Marx, secolarizzazione dell'uomo messianico nella tradizione ebraico cristiana. In chiave profana l’uomo sottrattosi alla conta e alla distribuzione del potere operato dai dispositivi di soggettivazione politica. La pietra di inciampo irriducibile lì a denunciare la falsità insita nel profondo della politica dei diritti e delle classi come elemento sottaciuto di cattura e al contempo di esclusione di una parte.
La moltitudine è un insieme di singolarità costituite dalla povertà e dall'amore nella riproduzione, conservazione, accudimento del comune. Non prima di essersi spogliate di tutte le figure storico-politiche del mondo. L'uomo senza più classi di Marx, secolarizzazione dell'uomo messianico nella tradizione ebraico cristiana. In chiave profana l’uomo sottrattosi alla conta e alla distribuzione del potere operato dai dispositivi di soggettivazione politica. La pietra di inciampo irriducibile lì a denunciare la falsità insita nel profondo della politica dei diritti e delle classi come elemento sottaciuto di cattura e al contempo di esclusione di una parte.
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