domenica 8 novembre 2015

A 14 2015

A fare autostop erano rimasti in pochi.
Tante cose erano cambiate. La società attuale non rispecchiava più i valori libertari di una volta. Si era preferito piuttosto affermare un senso di sicurezza al di là di ogni logica. Complici i media, un sistema onnipervasivo incentrato sulla legalizzazione di ogni manifestazione, capace di riprodursi viralmente in ogni luogo, situazione. A volte appena saliti si sentiva dire di essere il primo autostoppista a bordo da sempre. Una specie rara oramai estinta da tempo. Spesso a fermarsi erano proprio quei figli di fiori alla lunga riassorbiti dal sistema, dalle logiche familiari, dal lavoro al punto di non riuscire più a vedere alcun punto di contatto con quelle immagini esotiche celebrate da tanti film. Eppure tanti suoi giovani amici avevano ripreso quella tradizione con nuovo entusiasmo. Non di rado si spingevano oltre le alpi diretti in francia, germania, là dove ancora l'autostop è una pratica condivisa. Di certo il più atipico di tutti era fabrizio spesso con siddharta. Lui sessantacinque anni, nemmeno dieci suo figlio. Capelli lunghi e barba bianca, lo sguardo profondo, sincero, un sorriso rassicurante utile per fronteggiare le emergenze più ricorrenti. In particolare l'arrivo della polizia allertata dagli automobilisti preoccupati per le sorti del bambino. A facilitare il loro compito una rete globalizzata di sguardi, parole. Controllori di tutto a loro volta sotto controllo perenne. Immancabile l'intervento della volante dopo le chiamate di avvertimento.
Documenti... dove andate... da dove venite...
insomma le solite domande.
Fabrizio e siddharta non erano caduti in quella rete stritolante, o almeno avevano provato a allentarne la presa anche per inseguire un senso di libertà ai più sconosciuto. Non senza pagare pegno.
Quel giorno era partito di sabato.
Salutati gli amici, i genitori via verso il casello per fare ritorno a casa. Là dei provetti panificatori operavano una volta ancora la trasformazione dell'acqua e della farina in un pane buonissimo. Voleva essere presente anche lui.
Che la giornata non fosse partita bene si era visto subito. Era sabato cazzo. I viaggiatori esperti si riposavano a casa. Lungo la strada solo i guidatori distratti del sabato spesso con utilitarie scassate, la famiglia al seguito. Irraggiungibili le poche macchine di grossa cilindrata, i suv con i vetri scuri rigorosamente dotati di pass pronti a sfrecciare più velocemente possibile. Difficile intercettare i loro sguardi, impossibile scambiare anche una sola parola.
Fare autostop oggi non è certo una passeggiata.
Per carità i tempi di percorrenza sono veloci, tre ore quando va male, due se tutto fila liscio per coprire un paio di cento chilometri. Sempre meglio del treno regionale. Lì non sai mai se arriverai a destinazione. In quel frangente poteva succedere di tutto. Sempre all'erta. Con le antenne dritte per riuscire a leggere al meglio ogni istante presente, per dare le risposte giuste. E non c'era regola a tenere. Ogni volta bisognava improvvisare con la massima celerità possibile. Questioni di secondi. Una parola sbagliata. Tutto da rifare daccapo.
Quel giorno sembrava eterno. Ma disperarsi non serviva. Meglio lasciare sgomberi i pensieri per ottimizzare le forze.
Poi come d'incanto un passaggio fino a fano prolungato miracolosamente fino a rimini sud.
Rimini sud.
Quella era la barriera più difficile.
Una sorta di spartitraffico tra le marche e la romagna.
La prova da superare prima del premio finale.
Nonostante l'enorme traffico pochi disposti a ascoltarti.
A peggiorare le cose solerti casellanti pronti a uscire dalla cabina per mandarti via a suon di urla e di minacce. Neanche avessero visto il demonio.
Qui non puoi stare.
Te ne devi andare subito.
Frasi pronunciate con gli occhi strabuzzati, la bava alla bocca.
Oramai ci aveva fatto il callo.
Pronta la risposta.
Da qui non me ne vado.
Cercando di mantenere tutta la calma e il distacco possibili.
Ah no? Allora chiamo la polizia.
Libero di farlo la replica.
Da quel momento il countdown attivato per non essere inquadrati nel mirino del sistema.
Andare via prima possibile.
Alla velocità della luce.
Fino a diventare inconsistenti come un fotone.
Via tutte le maschere.
Decisi come se in palio ci fosse la vita.
Un casello vale l'altro.
Anche il più vicino.
Ovvero rimini nord.
In tali frangenti qualcosa di speciale succede.
Chi sta dentro la macchina percepisce qualcosa.
Via le barriere usuali.
Tutto sembra facile.
E in pochi istanti voilà il passaggio per rimini nord.
Il minimo.
Ma non importa.
Arrivare là è come mettere piede oltre il confine.
Da lì in poi tutta un'altra musica.
A forlì una signora cinquantenne anche lei autostoppista da giovane. Ha la voce un po' rauca per il fumo. Ma è simpaticissima. La pecora nera del paese. Quella ribelle per natura. Certo alla fine normalizzata pure lei.
Va a bologna per trovare un amico.
Abita in via guelfa.
La stessa strada di camere d'aria dove c'è parcheggiato il forno a legna.
Stupiti non poco dalla coincidenza ci si lascia con un abbraccio caloroso.