sabato 25 gennaio 2014

Luna

Direzione roma.
Quattrocento chilometri la distanza.
All'autogrill di casalecchio poca la gente.
Alcune macchine parcheggiate.
Autisti frettolosi di scomparire da lì prima possibile.
Difficile instaurare un rapporto proficuo.
Già tanto se abbassano il finestrino.
Non aveva tolto nemmeno lo zaino.
Troppo grande l'area di servizio per fermarsi.
Poche le occasioni da ricercare con il lumicino.
Grazie a un'attenzione sensibile a ogni minimo particolare.
Due donne scendono dalla macchina.
Una giovane, una più grande.
Di solito le avrebbe evitate.
Del tutto inadeguato il mezzo a lunghe percorrenze.
Si vedeva lontano un miglio di non essere delle viaggiatrici provette.
Ma cosa ci vuoi fare.
Quella mattina avrebbe preso di tutto pur di andare via di lì.
Poco prima era passata pure una 500 old style.
Per gioco aveva provato a farsi caricare.
Non gli dissero subito di no.
Al loro ritorno avrebbero deciso.
Nella speranza di risolvere prima la situazione.
Ma niente da fare.
Dopo una mezz'ora era ancora lì tutt'uno con lo zaino a muoversi a destra e a manca senza grandi risultati.
Lo videro nella piazzola.
Accoglienti lo invitarono a salire.
Non ci penso due volte a dire di sì.
Mise lo zaino dietro. Poi trovo posto tra tante scartoffie, vestiti e quant'altro poggiato lì nel sedile posteriore. Gli offrirono pure una cioccolata.
A guidare la più grande.
Al suo fianco la più giovane.
Fumiamo.
Non ti dispiace vero?
Come previsto al volante non c'era certo una guidatrice da lunghi viaggi. In autostrada a novanta, cento come si viaggiasse in un vialone di periferia. Non senza esitazione venivano superati i lenti camion rallentati dal peso e dalla salita. C'era l'appennino da scavalcare prima di arrivare in cima per lanciarsi a tutta birra fino a valle nonostante il limitatore fisso sui novanta.
Ma andava bene così.
Era riuscito a schiodarsi da quel punto morto.
Sarebbe arrivato in toscana.
Da lì sarebbe stato tutto più facile.
Almeno queste le speranze.
Parlarono amabilmente.
Entrambe erano iscritte all'accademia delle belle arti.
La più giovane aveva esposto fino a qualche giorno prima in un hotel di firenze. Ora andavano a ritirare le opere.
Gli dissero subito di averlo accolto per averlo trovato positivo, con una buona aurea.
Non fumi vero?
Si vede.
Hai il viso da bravo ragazzo.
Quel giorno la luna era arrivato fino a lui.
Si sentiva attratto dalla luce emanata dal suo volto delicato non esente da una certa sensazione di fragilità.
Quando si salutarono al casello la guardo per lungo tempo.
I suoi occhi esprimevano desiderio.
Allontanandosi lentamente dalla macchina continuarono a fissarsi.
Quel viso sembrava prevalere su ogni cosa.
Come non ci fosse più sfondo.
Una sensazione forte capace di riscaldare i cuori, di imprimere una voglia di vivere smisurata.
Portò con sé quell'emozione per lungo tempo contaminando tutto quanto intorno. Nonostante le difficoltà della giornata. Di sicuro più storta di tante altre.

giovedì 23 gennaio 2014

Una fede a prova di bomba

Fa il poeta.
Per vivere il correttore di bozze.
A roma, la città eterna.
Passato da giurisprudenza allo studio delle culture spirituali orientali con la prospettiva di fare carriera all'estero di colpo ha incontrato per la sua strada cristo.
Da allora la sua vita è radicalmente cambiata.
Ora non cerca più.
Ha già trovato.
Saldo nella consapevolezza di avere già quanto si aspettava, di essere oramai già salvo.
Tutto il resto non conta più.
Semmai si frappone solo come ostacolo verso la via giusta.
Pensare di fare da sé, affidarsi solo alle proprie forze.
L'hùbris d sempre.
Da che uomo esiste sulla terra.
Ma la soluzione era più semplice.
Allo stesso tempo più difficile.
Bastava dire sì con tutto sé stessi.
Acconsentire senza se, senza ma.
A che cosa?
Alla fede in cristo salvatore, alla sua opera, alla sua potenza.
Poi testimoniarlo per annunziarne la buona novella.
Una storia già sentita.
Da qualche millennio.
A sentirla ancora ai nostri giorni sarebbe già abbastanza strana e fuori dai coppi. Non fosse di aver perduto la ragazza morta da pochi giorni. Il suo equilibro psicofisico ne ha risentito assai al punto da vacillare.
Eppure a ben pensarci tutto questo non è poi così sorprendente.
Ti converti.
Poi ti viene tolto quanto di più caro.
E lo vedi dagli occhi persi nel vuoto fissi senza foco mentre sorseggia un whisky barricato.
Davanti il film di questi ultimi giorni probabilmente.
Eppure la sua fede non ha vacillato.
Anzi ne è uscita rafforzata.
Come se quell'evento avesse alla fine trovato la sua spiegazione, il suo senso. Bastava solo leggerlo con gli occhi giusti.
Tutto ciò non stupisce troppo se lo si inserisce all'interno di un cammino messianico.
Proprio quando sembra di aver perso ogni cosa, ogni speranza, quando l'evidenza nega ogni più logico presupposto, ecco è lì che bisogna fare il salto. Anzi è proprio quell'abisso del senso a essere la manifestazione più evidente di essere nel retto cammino.
Ma questo è fuori di testa ti ripeti dentro.
Bene. Questa è la follia del cristo come titolava un bel libro di qualche anno fa, “l'amore folle di dio”.
Così, nonostante lo vedi sbandato, totalmente impossibilitato a badare a se stesso, smarrito nei suoi pensieri, senza i piedi per terra, eccolo lì a farsi testimone del cristo con tutta la fede possibile. Come un vero martire.
E non sai più cosa dire.
La solita storia ripetuta all'infinito.
Il dramma di ognuno tra sé e sé.
Contro ogni logica, ogni evidenza possibile.
Credi in cristo?
Sì. Lo credo.
Nient'altro da aggiungere.

domenica 19 gennaio 2014

Mulini a vento

distruggere i propri castelli in aria
mettere in pausa la propria immaginazione
dismettere il proprio mondo artificiale
sospendere i dispositivi dell'amore
esponendoli a uno sguardo impietoso
tanto sai già essere stato tutto un lavoro inutile
non ti sarà servito a farti amare
a velare la tua mancanza
nessuna tecnica ha mai salvato l'uomo

http://www.youtube.com/watch?v=ixfgqxjjjC4

sabato 18 gennaio 2014

Una vita semplice

Non era l'orario giusto.
Come tante altre volte la porta era aperta.
Ancora per poco.
La minuta signora magrolina non troppo alta, sebbene slanciata, sempre ben curata, capelli biondo scuri appena passati sotto le mani di qualche parrucchiere, camice bianco come un'infermiera o una farmacista, sempre con il sorriso in volto, stava per serrare la porta prima di avviarsi verso casa.
Andava lì per prendere cioccolate fondenti.
Tre al prezzo di due.
A volte chiedeva mandorle, altre lenticchie.
Oramai poteva dirsi un cliente abituale.
Anche quel giorno venne accolto con un gran sorriso. Dietro però si nascondeva una fragilità nascosta a malapena. Gli occhi lucidi, le mani strette davanti lo stomaco, il corpo in tensione a testimoniarlo silenziosamente.
Non so perché, un giorno più storto del solito, si era confidata con lui. Forse perché lo vedeva così differente dai soliti clienti. Sempre con il sorriso pronto, la battuta simpatica. O più semplicemente perché aveva avvertito la sua natura gentile. Le solite cose. Un senso di colpa a dismisura d'uomo, l'incapacità di reagire a chi più scaltro sa approfittare di animi deboli, sinceri. Quelli in grado di vedere la realtà solo in rosa, quasi regnasse ovunque la pace.
Da allora non si erano più visti.
In barba alle regole lo fece entrare nonostante non fossero ancora le tre e mezzo.
Lui le chiese come stava, se aveva risolto i suoi problemi.
Scuotendo le spalle rispose di no. Impossibile superarli alla sua età. Come se un destino avverso le avesse stregato l'esistenza per l'eternità. Tra i due si era aperto un canale profondo. Dopo quella confessione spontanea qualcosa era scattato.
Anche lei le domandò come stava.
Fu sincero.
Quanto lo era stata lei l'altra volta.
Non va benissimo.
Problemi di donne. Troppo prese a pensare ai loro problemi per elargirti spontaneamente un sorriso o un abbraccio affettuoso.
Tra di loro non era così.
Lo si percepiva dall'aria carica di elettricità.
Alle sue parole rimase un po' sorpresa.
Un ragazzo bello, simpatico con tanta energia.
Come può avere dei problemi.
No. Non lo aveva previsto.
Per lei doveva rimanere il principe con il mantello azzurro senza macchia. Solo a lui avrebbe rivelato i segreti più intimi.
Però le cose non stavano così.
La vita spesso segue percorsi tortuosi.
Basta sollevare un po' il coperchio per vedere cosa bolle in pentola.
Eppure qualcosa in quella confessione inaspettata era passata. Lui stava da una parte, lei dall'altra del bancone. I loro volti si avvicinarono fino a sfiorarsi le guance per un saluto natalizio. Poi dopo il distacco un leggero attimo di commozione. Subito smorzato da una battuta giusto per arginare quella lacrimuccia già pronta a esondare le orbite per scendere repentina a terra. Prima di lasciarsi le disse con tutta se stessa. Quando hai bisogno di sfogarti vieni pure. Sarò qui ad ascoltarti.

sabato 4 gennaio 2014

Segnature

Strutturato a amare l'altra.
Complici il suo corpo, il suo volto come segnati da tanti indici marcatori predisponenti. Allora un'immagine senza tempo mi si forma davanti. Vedo solo le sue labbra immobili, gli occhi, la carnagione delicata. Potrei rimanere così per ore in estasi. Ecco la figura indelebile paradigmatica della mancanza. Della mia mancanza. La sola presenza basta per attivare il desiderio, il corpo. Può essere il sibilo di una voce, un contatto appena sfiorato.
Non voglio altro.
Inutile pensare di scambiarlo con una progettualità a perdere conseguente. Provare a economizzare quella relazione assoluta per costruire qualcosa insieme, un futuro condiviso. Nulla può restituire quella presenza esemplare origine dell'amore nel suo nascere. Esposizione pura di quanto ha il potere di attivarmi di predispormi, di disinibirmi. Un niente per trasformare quella visione aliena nella cosa più prossima. Come specchio di sé stessi, nell'intenzione pura di una vita. Amore è questa intenzione, questo riconoscimento dell'altra come riflesso in cui smarrirsi. Abbaglio luciferino di luce capace di far emergere un mondo simpaticamente dal niente. Quand'anche fosse il più illusorio possibile. Cosa importa. Inutile interrogarsi. Accade e basta. La sola presenza ha questo potere. A prescindere. Abisso vitale dove la conoscenza sprofonda nel buio per vivere fino in fondo lo schianto.
Piccolo inciso.
È saltata proprio adesso l'interruttore della luce.
La forza delle parole, dei pensieri.
Mi ami ancora...
Dopo tutto.
Niente può offuscare tale dinamica, tale potere.
Non l'hai ancora capito?
Non posso farci nulla.
Va oltre qualsiasi categoria morale.
È qualcosa di basilare, originario.
Predisposto a amarti da sempre senza se, senza ma.
Solo noli me tangere.
Non mi trattenere più.
Lasciami sprofondare fino alla noia profonda.
Scomparendo dal mio orizzonte.



giovedì 2 gennaio 2014

La vita non è un film

Per un attimo aveva pure pensato all'impossibile. Complice la telefonata con pierpaolo ancora stregato dal ricordo fatale di quell'incontro speciale con una ragazza la notte di un ultimo dell'anno a bologna. La sua futura donna. Quattro anni dopo, nonostante la fine dell'idillio, non si dava per vinto. Diretto al casello per bologna si apprestava a riscrivere la storia, a redimerla. Pur di riaprirla a altre possibilità. Così da rendere il passato ancora vivo. In barba alle ferree leggi di un tempo cronico spietato. L'obiettivo provare a trovarla per farle vedere una nuova prospettiva seducente. Insomma gettare ancora scintille di speranza, nonostante tutto. Pierpaolo ti amo per questo. Grazie di esserci. Per un istante aveva immaginato lo stesso scenario per sé. Però a ruoli invertiti. Lei a sorprenderlo per una volta. Sentirla aprire la porta, salire le scale di corsa desiderosa di abbracciarlo. Proprio mentre lui stava meditando una fuga disperata. Ma si sa la vita non è un film recita una famosa canzone di qualche anno fa. Non con lui. Chissà con chi. A roma. A festeggiare il nuovo anno. E in culo a tutto. In risposta sullo sfondo il solo rumore metallico di un mezzo in avvicinamento per portare via ogni cosa. Per fare vuoto.


Sei arrivata tardi.
Il furgone carico era già uscito di casa, lanciato irrefrenabilmente con tutto il suo peso nella ripida discesa antistante.
Una manciata di metri di troppo.
A camera oramai vuota.
Ho smorzato il tuo entusiasmo festaiolo.
Per certi versi un tempismo perfetto.
Va bene così.
A cose fatte.
Guadato il rubicone.
Rimane solo da affidarsi allo spirito, a quanto può essere chiamata ancora provvidenza.
Altro non so vedere, sperare.


Il giorno prima della fine

Il tempo era alle corde.
Non ce n'era più.
Solo poche ore ancora.
La mattina presto aveva preparato le borse con tutte le sue cose. Messi i libri negli scatoloni, smontato il parquet. Ottantanove pezzi, uno dopo l'altro. Immerso in totale solitudine o quasi si stava preparando per un nuovo viaggio. Ignota la meta. Di sicuro lontana non meno di duecento chilometri. Aspettava in silenzio. Si sentiva leggero, con il sorriso. Ancora un piccolo sforzo fino all'indomani quando ebbri di festeggiamenti i nottambuli sarebbero tornati a casa. Lui no. Controcorrente come sempre. Partiva per una nuova odissea. Con la vecchia macchina del babbo stracolma al punto di non riuscire più a vedere nulla fuori. Un viaggio della speranza. Anche per rirovarsi. Alle otto e un punto. Non prima di aver lasciato un messaggio affettuoso di commiato accanto a una bottiglia di prosecco. Per un festeggiamento mancato. Ma pazienza. Così va la vita. Non valeva perdere tempo in chi sa quali recriminazioni. Anzi come un bambino piccolo si godeva quegli istanti da solo. Dopo aver progettato tutto senza dire nulla a nessuno. Tranne quei pochi amici fidati. Gli ultimi rimasti. Quelli venuti a posta per salutarlo ci fosse stata pure una montagna di neve. Lori, sté, fabio, alex, pierpa. Nessuna ragazza. Un segno inequivocabile. Così per confermare in piena luna nera il difficile momento con l'elemento femminile. Quell'universo strano, spesso inconciliabile, incomprensibile. Nella notte di ecate di loro si sentivano solo i fantasmi.
Quella sera stretti intorno al tavolo mangiarono insieme. Un ultima cena. Poi ebbri di vino presero gli strumenti. Il basso a sei corde di fabio, il cojon, il tamburo sciamanico, la chitarra folk di béa, la grande assente, il barattolo di miele di alex, il secchio del mocho di teo, giunto con tre suoi amici sul tardi. Accordo in mi maggiore e via. Giusto per sincronizzarsi. Poi come per magia si spalancarono le porte delle percezioni. I ritmi incalzanti venivano naturali e le note si incastonavano a meraviglia. La musica non sembrava più giungere da fuori. Come per miracolo nasceva dentro, risuonando nel petto. Come si fosse entrati in una dimensione corale dove tutti sapevano cosa fare. Una serata bella per un ultimo canto del cigno. Per carità niente effetti speciali. Ma a suo modo eccezionale per il solo fatto di essere stata possibile. Già questo un miracolo visti i segni dei tempi.

mercoledì 1 gennaio 2014

Commiato

Sono andato da fabrizio a salutarlo.
L'apocalissi è vicina.
Un mondo è già crollato.
Si vive nel tempo della fine.
Nell'attesa di un nuovo non ancora del tutto manifesto.
Il sentiero verso il portone è ostruito da due cavalletti a sostegno delle reti avvolgenti l'alto olivo secolare di fronte casa.
Fresco il ricordo dell'ultima volta.
Lo stesso scenario.
Con fabrizio con un unico intento.
Raccogliere le olive.
Le chiacchiere a tempo debito.
C'è nessuno?
Una voce dall'alto.
Oh chi è?
Il vicino.
Fai il giro di casa.
Dopo poco sono sotto la pianta.
In alto appollaiato sopra un ramo vedo fabrizio tutto preso a raccogliere le ultime olive.
L'indomani il frantoio serra i battenti.
Un countdown forzato prima della chiusura della stagione delle olive. Poche ore di luce soltanto. Poi quanto fatto è fatto.
Sono qui per salutarti.
Vuoi che scenda?
No.
Nessuna distrazione dal tuo lavoro.
Salgo io.
Mi arrampico sul greppo fino alla scala poggiata sul tronco. Un piolo alla volta mi elevo. Poi afferrato saldamente uno dei grossi rami centrali mi proietto sulla superficie come fosse una strada verso di lui. La percorro con sicurezza fino a raggiungerlo. Per cadere poi a cavallo sul grosso ramo. Parliamo per più di un un'ora intimamente uno di fronte a l'altro. Ramo contro ramo.. Come fosse del tutto normale lassù per aria. Un bel saluto prima della fine.