lunedì 21 luglio 2014

Al forte

Anche quel giorno avevano dormito al forte.
C'era la festa dei popoli.
Un luogo usato originariamente per offendere, creare barriere, separazioni, per distinguere l'amico dal nemico, oggi era divenuto per ironia della sorte l'occasione per unire etnie differenti. I possenti muraglioni non spaventavano più. Al massimo erano il pretesto per lunghe passeggiate tra quei resti, lungo cunicoli oscuri dimenticati alla testa di solerti guide nostalgiche dei tempi andati. Senza troppo pensare a quei luoghi come strumenti di guerra, di inimicizia. No, a affascinare era più il loro potere antico, la memoria di un passato tutto sommato importante di cui vantarsi.
Il pomeriggio passato erano scesi alle due sorelle, la spiaggia più bella del conero. Ma anche quel piccolo gioiello selvaggio era stato preso di mira dal turismo della domenica. Giusto per far quadrare i conti dell'economia locale.
Neanche il tempo di mettere i piedi a terra sulla spiaggia dopo più di un'ora di discesa sul sentiero impervio, ecco il primo barcone avvicinarsi al ritmo dell'altoparlante sparato a volume altissimo per attraccare lentamente al suolo con la prua. In pochi secondi un battaglione di turisti armati di macchine fotografiche, tutti con la maglietta uguale a inseguire un grosso contenitore di plastica. Dentro l'attrazione del giorno. Una tartaruga marina da liberare. L'operazione avrebbe potuto durare pochi secondi. Invece pur di assecondare il copione scritto appositamente per quei turisti si era trascinato avanti per quasi un'ora. Tutti intorno a ferro di cavallo per guardare l'evento melodrammatico. La tartaruga ferita, salvata dalle forze del bene, ora pronta per una nuova vita. Dopo aver fatto il giro della spiaggia dentro quella vasca per dare a tutti l'opportunità di vederla, alla fine viene liberata a terra. In un baleno assecondando un istinto naturale si trascina con le pinne a mare. Ancora qualche bracciata ed è in acqua. Per scomparire subito dopo risucchiata dai flutti nello stupore dei presenti. Serci per assecondare ironicamente tale spettacolo comincia a applaudire. Tutti a seguirlo. Lo spettacolo ora poteva considerarsi veramente finito. Si poteva tornare a casa. Ecco la barca attraccare. Uno dietro l'altro a salire su. Con l'altoparlante a busso a condurre l'operazione via verso la costa abitata. Convinti di aver partecipato a un evento straordinario, a contatto con la natura vera. Quella precedentemente offesa, poi ripristinata grazie alla cura di solerti operatori addetti alla sua salvaguardia. Tutti conoscevano a memoria i ruoli. La guardia costiere, i turisti, forse la stessa tartaruga marina oramai abituatasi ai riflettori.
Dei setti scesi a mare in tre avevano deciso di risalire su. Anche perché dopo il bagno, aver preso un po' di sole c'era il serio rischio di rompersi i coglioni. I quattro rimanenti con enorme disappunto preferirono rimanere lì a dormire sulla spiaggia. Anche per vedere l'alba sul mare. Dopo aver diviso le provviste partirono. L'appuntamento l'indomani sul forte divenuto ormai la loro base d'appoggio. Neanche fossero dei pirati provetti.
I ragazzi rimasti giù, la mattina avevano preso le cozze.
In qualche modo le avrebbero voluto cucinare.
La pentola l'avevano trovato il giorno prima. Chiedendo agli autoctoni incontrati per strada un contenitore in metallo non più in uso.
Il massimo sarebbe stato abbinarle con gli spaghetti.
Alla fine andrea viva la vida, un volontario della festa, diede loro la soluzione giusta.
Nelle sale della parrocchia antistante il forte, dove si cucinava per la sera, misero a disposizione un piccolo fornello a gas, una grossa pentola.
Fatta.
Tutti felici e contenti.
Anche il festival dei popoli nel rispetto della tradizione si contaminava aprendosi a quei sette “vagabondi” a ore.
Dopo aver consumato il pasto prelibato, non prima di averlo cucinato con la massima cura, lavato i piatti, rilassati per un attimo nella grande terrazza messa a loro disposizione, era il momento di decidere sul da farsi. Tre giorni nello stesso posto. Troppi per chi si professava nomade all'occorrenza. Le mete future pescara a raggiungere frank e i suoi amici, perugia dove era in corso l'umbria jazz, da anni un punto di riferimento internazionale per i patiti del genere. Mezz'ora e più. Ognuno a dire la sua. Senza cavare il ragno dal buco. Sembrava non si riuscisse a venirne a capo. Poi in tanta bagarre noise cominciò a strimpellare la chitarra acustica di vince. Il solito ritmo post punk come se a suonarlo ci fossero i gun club con tutta la loro energia. D'incanto tutti si silenziarono. Presi da quelle note frenetiche c'era chi batteva i piedi. Qualcuno cominciò a suonare facendo ritmo con le forchette, chi con le mani. In un batter d'occhio si era improvvisata una jam session. Posseduti dallo spirito di quella musica tirarono il pezzo per più di cinque minuti fino allo stacco conclusivo. Poi un lungo attimo di silenzio. Come fosse la cosa più naturale di questo mondo si guardarono agli occhi. Allora tutto chiaro no? Sorridendo tutti acconsentirono. Riprendendo di punto in bianco a fare altro. Senza parlare più di luoghi da decidere.
Cosi fu.
Poco dopo presero le cose.
Pulito fino all'ultima briciola il luogo dove avevano mangiato.
Salutato i volontari del festival con gratitudine.
Partirono.
Direzione l'entroterra.
Stregati dalla voglia di musica.

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