mercoledì 30 gennaio 2013

In bianco

Con persevaranza inseguo una fine originale nei miei scritti.
Come termina quel racconto?
Alla fine il protagonista muore.
Beh, come di copione.
Già.
Intanto senza soluzione continuo a allungare percorsi con la penna pescandoli dentro di me.
L'unico modo per tenerli ancora in vita.
Poi si vedrà.
Qualcosa succederà.
Forse solo un'altra fine.
O basterebbe smettere di scrivere.
Al limite scrivere senza più inchiostro.
Muovendo sinuosamente la mano.
Per tracciare sul foglio bianco cammini solo virtuali.
Della stessa durata di quei movimenti veloci sulla superficie liscia.
Inizio e fine all'unisono.
Una danza infinita.
Possibilità pura allennesima potenza.
In bianco.

martedì 22 gennaio 2013

Ancora apocalissi

Il momento è giunto.
Una realtà altra aliena da sempre lì sulla soglia è pronta a irrompere prepotentemente.
Senza riguardo per nulla sgomita per emergere.
Peggio per chi si trova nel suo cammino.
Tutto ha avuto inizio domenica 13.
La prima vittima petra.
Una serata insieme al pronto soccorso dopo aver impattato un pedone con la bici.
Tre punti per ricucire la ferita sopra l'arcata sopraccigliare.
Un po' di scotch per rinsaldare gli occhiali rotti.
Almeno finché dura.
Non è che l'inizio.
Le acque si sono rotte.
I sigilli sono aperti.
È l'inizio dell'apocalissi.
In pochi a accorgersene.
Il tempo di tornare a casa una settimana dopo per trovare la mamma paraplegica dopo un intervento sbagliato in un lamento continuo.
Qualcosa si è rotto.
La macchina faticosamente rimessa in moto in questi mesi non va più. Ha bisogno di una nuova revisione. Forse è il momento di pensare alla rottamazione.
Nel volto i segni della destrutturazione.
Quel poco di umanità vestito in questi mesi con tanto sudore sta velocemente lasciando il posto a qualcosa di irriconoscibile.
Sempre la stessa storia.
Le stesse stazioni.
Quasi ci fosse un destino buono per tutte le stagioni.
Un copione ripetuto al'infinito.
A cambiare di volta in volta i soli attori.
Una noia trovarsi a testimoniarlo ancora.
Meglio così.
Almeno sai già cosa aspettarti.
Un déjà vu da provare a neutralizzare, trasformare in altro o comunque da gestire meglio possibile.
Dopo la visita medica all'ospedale incasso il colpo.
Prendo atto della nuova situazione.
Riconoscibili ovunque i segni del nuovo corso.
Appena uscito dalla stazione una signora cade rovinosamente a terra. Batte la testa come petra. Rimbalzando sul suolo.
In due la soccorrono.
Sul volto i segni dell'asfalto.
Sufficienti a trasfigurarlo in una maschera di terrore.
L'indomani la postina suona al campanello una sola volta.
È giunto il momento di saldare i conti.
La contestazione di una veccha multa è stata respinta.
450 euro da pagare prima possibile.
Tutto insieme.
Al punto da conferire alla realtà un aspetto sinistro, inquietante. Come se tutto quanto accumulato in questi mesi fosse sul punto di esplodere irreversibilmente.
Cosa succederà dopo non è dato saperlo.
Non serve disperarsi.
Tempo, energie sprecati.
Meglio concentrarsi per ottimizzare le risposte, per provare a rintuzzare il male della mamma.
Che si è già in riserva da un pezzo.
Il rischio rimanere senza benza.
Addio quotidianità.
Addio normalità.
Cacciati a forza in quella sfera separata dal dispositivo della malattia.
Terra di nessuno senza più regole.
Un altro regime.
Di certo più spietato.
Luogo ameno dove la vita viene messa a nudo.
Difficile poterla riciclare di nuovo.
Persi all'interno di disciplinari burocratici asfissianti.
Tutto per contenere, nascondere quel caos anarchico liberatosi all'improvviso sull'orlo dell'abisso.
Il volto oscuro di una società in preda alla paura.
La battaglia non lasciarsi risucchiare.
Essere pronti a trasformare quei momenti in qualcosa di umano ancora riconoscibile. Provando a comunicarlo a tutti per condividerlo. Il solo modo per restituirgli quel poco di dignità residuale. 
Intanto preparo i bagagli in attesa di scendere il più tardi possibile.
 

Reasonanz

Non so come.
Qualcosa è successo.
Sta succedendo.
Oltre le barriere spaziali.
Un pensiero sospeso.
Eppure efficace.
La voglia di vedere qualcuno che non c'è se non nei pensieri.
Un sms abortito.
Un desiderio d'incontro non realizzato.
Per non traviare.
Eppure basta l'intenzione.
Affidandosi.
Come lanciare un messaggio nell'etere.
È sufficiente essere sintonizzati, aperti.
Non importa la distanza.
Qualcosa risuona.
Non quanto prospettato.
Quello è solo un pretesto.
Allora mondi all'apparenza lontani si avvicinano fino a toccarsi tangenzialmente.
Storie parallele si intrecciano.
Quasi si fosse tutti dentro una medesima partitura.
L'indomani un messaggio su FB.
Inaudito fino a poco prima.
Il motivo, per parlare insieme di un film appena visto.
Nell'altro caso un sms dalla francia.
Dopo un anno e più di eclissi totale.
Un'amica di passaggio bisognosa di ospitalità.
Nuovi percorsi si schiudono.
Impensabili fino a poco prima.
Eppure possibili.
Senza sforzo, senza doversi esporre.
Lasciando essere le cose.
A contare di più la propria disponibilità.
Un dispositivo efficace in grado di attivare situazioni.
Non prima di essersi abbandonati alle misteriose forze cosmiche.
Innalzando un canto di gloria.
Un ohm vibrante nell'aria.
Un canto in lingue.
Ovvero parole significanti pure.
Eccedenti qualsiasi volontà di significazione.
Pensieri sospesi.
Con il cuore in mano.
Dopo aver messo ogni preoccupazione alle spalle.
Lo sguardo in avanti.
Fiduciosi.
Allora qualcosa risuona.
La forza folle dell'amore
Per accorciare distanze.
Per avvicinare mondi paralleli fino a farli implodere l'uno sull'altro.
Ieri sul treno un messaggio.
Ti penso fitto.
Sei quaggiù.
Non ancora.
Sto arrivando.
Dopo solo un calore estremo.
In grado di sciogliere ogni barriera.

domenica 13 gennaio 2013

Technewave


















technewave_podcast_by_ Noiselle

(Techno, Deep, Minimal, House, Industrial)

martedì 8 gennaio 2013

A nudo

Consegnati all'altro.
Al suo amore.
Ma anche al rifiuto.
Alla non comprensione.
Intanto solo l'attesa.
Di un segnale.
Una parola, un suono accoglienti.
Nella terra di mezzo.
Sospesi.
Tra la vita e la morte.
Come fantasmi.
Pronti a sparire o a risorgere a nuova vita.
Nei momenti più intimi e solitari, appena svegli una vibrazione dal profondo scuote l'essere.
Un tremito ancestrale primitivo.
Eco lontano di abbandoni passati.
Energia libera di nuovo disponibile.
Per chi nudo da tempo immemore si espone all'altro senza più difese, barriere protettive.
Non è facile.
Però ci si abitua.
Consapevoli del proprio destino, della propria costitutiva fragilità.
Altro non si puo' fare.
La mattina una risposta ancora.
Nuova promessa d'amore.
Tutto s'acquieta.
Rimane la spossatezza dopo la battaglia notturna con i fantasmi, gli incubi di sempre.
Niente di tangibile, di consistente.
Solo immaginazione se non delirio.
Alla fine un sorriso bonario.
Uno sguardo benevolo sulle proprie ferite, sul proprio passato.
Una nuova consapevolezza.
Si vorrebbe condividerla.
Tra le sue braccia, sul suo grembo.
In silenzio.
A parlare solo il frusciare dei capelli mossi, della pelle accarezzata leggermente.
Non è facile aprirsi.
Sopravvissuti una volta in più un nuovo mondo comune fa capolino.
Altro non si può fare.
Se non giocare ancora.
Per imparare ad amare l'altro.
Ancor prima sé stessi.
Sempre più.
Con le suole ben salde a terra. 


Fine del mondo
Il mondo finisce quando non ci sei più tu, non ci sono più io.
Nessuna volontà, possibilità di esserci ancora.
Per trascendere la propria individualità in una sfera comune.
Ecco cosa significa morire.
Non poter essere più niente per l'altro.
Si muore sempre in due.
Anche quando si è soli.
 

domenica 6 gennaio 2013

Bellum intestinum

La lotta intestina.
Con sé stessi.
Contro il proprio pensiero.
Una macchina inarrestabile dilagante.
Fatta per girare a regime sempre.
Tornare sugli eventi, isolare oggetti per valorizzarli, crearli, poi metterli alla gogna fino allo sfinimento.
Mai un momento di pace.
Dispositivo predisposto a riconoscere, a generare mondi, per dare comandi conseguenti.
Le sue armi: parole, immagini.
Per attivare all'istante.
Emotivamente.
Sul piano comportamentale.
Innestando programmi, associazioni antiche.
Appena ti svegli, mentre guardi un film.
Quando meno te lo aspetti.
Lì pronto a farsi spazio nel quotidiano.
Con la sua voce da tergo.
Per virare un mondo familiare in qualcosa d'inquietante.
Basta un minimo spostamento.
Questioni di centimetri.
Una parola in più.
E una luce sinistra fende la realtà di un ombra oscura, tenebrosa.
Tutto si traforma irreversibilmente.
Mostrando il fondamento delle proprie certezze, delle proprie abitudini.
L'abisso.
In fondo, nulla di buono.
Solo un urlo ancestrale mescolato sovente a una volontà di violenza, di vendetta. Necessaria per aggredire mondi nuovi, per troncare con quelli vecchi. Senza compomessi. Non prima di aver fatto i conti. Al di là del bene e del male. In balia di un elan vitale spietato, mai domo.
Calcolatore di precisione.
Misuratore al millimetro.
Per una gustizia ancestrale.
Ma anche luogo d'angoscia.
Antro segreto di mondi sconosciuti in gestazione pronti a recalcitrare da tergo per apparire. Senza riuscire però a mostrarsi ancora. Al punto di soffocarti d'ansia.
Basta poco per bloccare tale macchina.
Rivoltarla contro se stessa.
Rappresentandola.
Fotografandola.
Allora come una silouette presa di mira si ferma, si mette in posa, acquietandosi.
Per lasciarsi contemplare, studiare.
Tutta la potenza d'azione agita si placa in pochi istanti.
I valori emotivi tornano alla normalità.
Lo sguardo si rilassa.
Nulla più da fissare.
Il sangue torna a fluire lento su tutto il corpo.
Prevale un sentimento di rilassamento generale.
Scariche fibrillanti massaggiano il corpo dall'alto.
La tensione si sfoga, l'energia si ridistribuisce ecumenicamente.
L'importante è non assecondare i suoi piani, la sua economia.
Imparare l'arte della sospensione.
Una pratica apparentemente difficile, alla fine appagante.
Il premio la serenità.
Differente dalla felicità.
Figlia del dramma, della seduzione oggettuale.
La serenità basta a se stessa.
Emerge quando tutto è in arresto.
Nell'ecce pensiero.
Quando è possibile mirare la propria volontà di potenza pura senza agirla. 
Energia liberata, al massimo disponibile per le necessità del momento.
Sul volto un sorriso beato.
Torna pure la voglia di vivere.
Non durerà.
Ma non importa.




giovedì 3 gennaio 2013

L'amore che resta

Dopo il disincanto.
Quando sguardi lucidi di desiderio precipitano a terra infrangendosi.
Apocalisse di mondi persi all'istante.
Lo smacco.
Nudi di fronte l'altro.
Alla sua mercè.
Pronti a morire d'ansia o a toccare il cielo con un dito.
Almeno così si pensa.
Il tempo di un bagliore.
Poi fu notte.
Consegnati a un amore senza riflesso.
Dopo aver infranto specchi.
Nulla ritorna.
Se non il proprio vuoto a perdere.
Un taglio netto, preciso.
Quanto una lama di rasoio.
Fantasmi al varco pronti a insorgere.
Reclamano spazio.
Ebbri di nuova libertà.
Lanciano sentenze.
Basta non abboccare.
Sospendere tutto.
Non ascoltare.
Aspettare.
Allora qualcosa può forse germogliare da quei frammenti sparsi.
Un nuovo volo possibile.
Senza più lo slancio cieco.
Ecco l'uomo nudo.
Quel che resta di lui.
La cosa più fragile eppure la più vera.
Se non si cade risentiti.
Si può nascere ancora.
Di un amore tenero.
Un legame nonostante tutto.
Dopo tutto.
Finalmente liberi di guardarsi.
Non più come superfici lucide.
Non più io, noi, egli, esso.
La vita nuda.
Oltre quei voli pindarici.
Tolti i veli un calore nuovo.
Autentico.
Forse l'abbaglio ulteriore.