sabato 24 novembre 2012

Fare la festa
















Oggi è giorno di festa.
All'Xm si celebra la crazy bikes' night.
Concerto noise con strumento base la bicicletta.
A seguire gli immancabili dj. Il loro compito accompagnare la notte fino al compimento per lasciare posto al nuovo giorno. Provando a ingannare il tempo per un pò. Arrestandolo quanto più possibile nella terra del tra.
La serata dovrebbe cominciare alle dieci.
A mezzanotte non c'è ancora nessuno.
Arriverà qualcuno?
Per il momento ci si guarda negli occhi in silenzio aspettando si compia ancora il miracolo. L'esodo di massa di tanti giovani. Manco fosse nato il messia. Pronti in adorazione verso lo stregone di turno in grado di compiere la magia. Far muovere i loro corpi incantandoli a suon di musica. Come marionette stordite da tale potenza bassa. Un colpo ben assestato alle viscere tale da scuotere la kundalini addormentata.
Sul palco sopraelevato gli orchestratori di turno.
Quello il luogo del sacrificio.
Quando ci si consegnerà fino all'ultima goccia in pasto al popolo dei gaudenti spensierati.
Momento di esaltazione estrema di discesa agli inferi allo stesso tempo.
Per rinascere ancora chissà come.
Difficile fare previsioni.
Vale più abbandonarsi incondizionatamente senza remore.
Anche perchè li sopra si è da soli, nudi con sé stessi.
Tutto il resto è oltre avvolto dalle tenebre.
Si odono solo le voci sommesse.
Vai...
Siii...
Così...
Noooo.
Dai o...
Il gioco di luci annebbia tutto.
Meglio non alzare lo sguardo per non essere accecati.
La cassa spia, quella di ritorno per il musicista spara una musica distorta. 
Irriconoscibile.
Dissociati da tutto si va avanti alla cieca.
Qualcosa laggiù succederà.
Il burattinaio dietro le quinte muove i fili ma non vede le marionette. Autismo puro. Solipsismo all'ennesima potenza.
Unica finestra disponibile il monitor del computer.
Piegati all'inverosimile su se stessi, con lo sguardo fisso su quella superficie piatta si prova a articolare un mondo effimero.
Il tempo di crearlo per vederlo scomparire all'istante. Dopo di lui non resterà traccia. Tutto finirà lì. Quando si spegnerà il computer. La morte lo stesso donarsi. Apparire solo per scomparire subito.
Mesi e mesi di ricerca, di prove a casa consumati in un baleno. 
È giunto il tempo di svuotarsi di tutto. 
Di spogliarsi fino all'osso.
Alla fine ci si sente prosciugati, nudi, bisognosi di una nuova copertura.
Meglio se una veste di gloria.
Fondamentale il primo impatto con il pubblico.
I primi commenti.
Da lì dipende l'esito del giudizio finale.
Inferno o paradiso?
Ai posteri l'ardua sentenza.
Eppure anche quando va bene non basta.
Quella sensazione di vuoto soffocante rimane.
Difficile la ricomposizione.
Come mettere insieme quanto vissuto sul palco con quanto incarnato dai presenti giù di sotto.
Una separazione all'apparenza irricomponibile.
Due piani trascendenti al massimo tangenziali in quel punto presente.
La vita.
Ognuno presa a modo suo.
Difficile poi la loro articolazione solo a posteriori.
A cose fatte.
Rimane una latenza di fondo tra l'agito e l'effetto.
Rivivere immaginando non è la stessa cosa.
Un gettarsi ogni volta di spalle nel vuoto.
Ci sarà qualcuno a sostenerti, a contenerti?
Ma poi...
Chi te l'ha fatto fare?

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