martedì 15 maggio 2012

L'abito non fa il monaco


Trasformare i luoghi per predisporli al bene, a un fare proficuo. Ordinando gli strumenti tecnici, i pezzi di ricambio accuratamente smontati e selezionati, ridisegnando lo spazio per facilitare l'opera di ricostruzione delle bici. Ore e ore di paziente lavoro, pomeriggi interi di domeniche al posto del normale cazzeggio. Un impegno immane, sotterraneo. In pochi lo noteranno, ma che importa. Lo scopo è portare tutti allo stesso risultato. L'assemblaggio perfetto della bici. Eppure non basta. Il dispositivo della fabbrica sociale non sempre scambia un saper fare con un essere, un possedere qualcosa. Spesso si diventa solo il banale strumento di un agire vuoto. La scommessa è invece di arrivare a avere all'occorrenza quelle qualità speciali. Capaci di informare la volontà e l'agire a prescindere dal luogo, dalle situazioni. Quand'anche si fosse in acque agitate con il cielo coperto, senza l'ausilio delle stelle. Per essere in grado di orientarsi comunque e giungere da qualche parte a partire da quanto si ha a disposizione, fosse pure merda o ferraccio. È questa la vera trasformazione. A partire da se stessi. Indirizzandosi al bene a prescindere. Un'attitudine da esercitare con dovizia, disciplina. Non è così importante il risultato. Quanto poterci arrivare se si vuole. Senza dover rendere conto a niente, a nessuno. Il fare diventa pretesto occasionale. Magari per condividere esperienze, per far emergere comportamenti nuovi. E non va assolutamente confuso con un compito, un dovere. Al massimo può diventare un piacere condiviso. A volte può portare a far emergere l'eccellenza. Oppure solo silenzio e inoperosità. Tanto cosa può cambiare il fare o non fare? Poco o niente. Più importante è l'essere pronti. E se ci si attiva comportarsi bene a prescindere. Alla fine a contare residualmente sembra il saper resistere in apnea. Il più a lungo possibile. Senza agire. Per non essere vittime di un operare coattivo di certo utile per dare sfogo alla propria tensione, però non sufficiente per sfuggire alla seduzione della mete, degli oggetti. Tanto tutto verrà spazzato via. Sia quel fragile ordine momentaneo appena allestito, sia quelle particolari abitudini predisponenti al bene. Meglio piuttosto allenarsi a saper lasciare ogni cosa senza rimpianti, risentimenti. Tutto con leggerezza. Se oggi qualcosa va, qualcuno è al tuo fianco è già questo il miracolo. Così il gran gioco della vita continua il suo giro. Allestendo quando meno te lo aspetti un altro occasionale spettacolo per gli attori presenti. Quando tutto va bene si riesce pure a trovare il tempo, il modo per innescare comportamenti affettuosi l'uno verso l'altro. Però non bisogna abituarsi troppo alla situazione o pretenderla ogni volta. Quando la serranda scende è già notte fonda e tutto è finito da un pezzo. Possibile la rinascita. Ma anche no.

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