lunedì 19 dicembre 2011

La vie se mis a nû

Il dono più bello...
Donare se stessi...
La propria vita...
Insieme.
Attraverso uno sguardo, un sorriso complice, una parola viva, una carezza celanti una pulsione arcana.
Di tutti è il più effimero.
Dura solo un istante.
Ma ti risuona per giorni.
Ti scalda il cuore.
Ti fa star bene.
Poi c'è solo una mancanza incolmabile.
Tutto il resto non conta.
Anzi.
È solo un perdere ogni volta qualcosa.
Un negare quel fatico momento.
Per traviarlo, consumarlo a ripetizione nella speranza di conservarlo attraverso pratiche esorcistiche inutili. Nel tentativo economico di scambiarlo con altro magari rivivendolo con l'immaginazione o attraverso il dono di una corpo apatico. Così facendo però difficilmente ci si potrà soddisfare poiché si sta giocando solo con un morto. Nel migliore dei casi ti sarà concesso di avere di fronte un fantasma, uno spettro. Comunque un simulacro.
Quell'istante vissuto rimane irripetibile come la sensazione di un profumo.
Svanisce presto.
Inutile provare a ricrearlo a tavolino ricercandone l'essenza. Una fatica vana in grado solo di evocarne la mancanza.
Oltre qualsiasi tecnica compensatoria, vale molto più imparare a rendere tutto prima possibile.
Accettare la perdita.
Senza sacralizzare nostalgicamente nulla per l'eternità a venire.
Meglio piuttosto predisporsi per l'occasione giusta.
Quando senza preavviso il miracolo della vita messasi a nudo si ripeterà ancora offrendosi in dono spontaneamente, senza condizioni.
Poco conta forzare la materia viva a concedersi a comando.
Al massimo ti renderà una banale superficialità non senza essersi prima barricata dietro strati impenetrabili di carne anonima incapace di riflettere qualcosa. Come si avesse di fronte un automa insensibile in grado di animarsi a gettone.
Né giova pensare di poterla sedurre strumentalmente senza vanificarne l'alchimia.
Uno scambio impossibile.

giovedì 15 dicembre 2011

Motori umani

Il fuoco bruciava lentamente dentro la carriola metallica.
Aveva assunto un colore rosso acceso.
Non faceva freddo.
Quell'inverno era più mite del solito.
Intorno stavano seduti una decina di persone tutte reduci. Lontano quanto basta dalla calca, dai decibel elevati dell'evento punk-noise del giorno.
Erano stanchi. Provati dalla lunga pedalata di più di cinque ore dello Human Motor. La critical mass di dicembre in concomitanza al Motor Show.
Stavano in silenzio, al confine tra dentro e fuori dell'Xm, a un passo dalla barricata fatta di tavoli di legno vecchi, di banchi di scuola in fornica.
Vista l'ora tarda non c'era più nessuno da far entrare.
Adesso si poteva riposare un po'.
Nonostante la lunga interminabile giornata erano felici.
Lo si vedeva dal leggero sorriso appena accennato, dai muscoli del volto rilassati.
Era passato più di un anno da quando si erano trovati tutti davanti al fuoco. Si poteva sentiva ancora l'odore delle castagne tanto era stata memorabile la serata. Nel frattempo l'Xm aveva superato quello stato d'assedio. Ora il clima appariva del tutto pacificato. C'era anche il tempo per la festa del sabato sera.
Alle tre di notte Marco Zen e Ancona conosci te stessa avevano preso le loro bici per andare a dormire. Strascicandosi lentamente erano arrivati verso l'uscita in quella terra di nessuno tra il mondo notturno dei festaioli e la Bologna stanca popolata di famiglie, pensionati solitari, immigranti lavoratori.
Attratti dal fuoco si erano fermati anche loro.
Appoggiate le bici sulla barricata avevano lasciato andare i corpi pesanti sulle panche di legno poste intorno al fuoco. Lì avevano trovato il calore giusto per attardarsi ancora, per assaporare quel silenzio con gli altri. Insieme a loro c'erano altri reduci della notte desiderosi di aprire i loro cuori, di esprimere le proprie esperienze profonde sottovoce sibilandole tra il crepitio delle fiamme. Fra i tanti c'era anche una giovane ragazza peruviana di appena diciannove anni giunta lì per caso. Lo sguardo era fiero, sincero. Le sue parole si concedevano generosamente senza filtri.
Aveva cose da dire, il desiderio di condividerle.
Nonostante la giovane età sembrava già navigata, sicura di se quasi avesse messo dietro le spalle l'eternità.
Uno di fianco a l'altra, Marco Zen e la ragazza avevano intravisto un appoggio sicuro al punto di aprirsi senza remore. Vuoi per l'atmosfera intima, vuoi per la sensazione sottile di sentire l'altro così vicino quasi da riflettersi allo specchio. Così quelle esperienze solitamente lasciate sullo sfondo emergevano con semplicità. Il rapporto con i genitori, l'essere raminghi e strapiantati da sempre come marchio di fabbrica comune.
Nonostante la differenza anagrafica tra loro c'era intesa perfetta. Senza disturbare il silenzio, le parole si rincorrevano pacatamente provando a intrecciarsi tra loro sopra il rumore leggero del fuoco vivo.
Quel giorno regnava la pace.
Era il momento giusto per un po' di riposo dopo tante battaglie dimenticate dai più.
Non certo da loro.
Verso le sei della mattina fece capolino anche la colazione.
Un inatteso dolce vegano a base di cioccolato.
La teja girava sulle ginocchia dei presenti. A turno tutti ne presero un boccone come si stesse partecipando a un rito. Per rafforzare i legami di gruppo, per incarnare uno spirito comune almeno il tempo di una notte. Prima di rendere di nuovo tutto e ricominciare le proprie vite confuse di tutti i giorni.
Per un poco i morsi della fame si erano attutiti.
In mancanza di latte, a liberare le gole dal malloppone stopposo ci aveva pensato del buon vino.
Il buio piano piano si stava stemperando.
Il cielo non era più così scuro, anche perché quella notte c'era stata la luna piena.
Il sole era lì in attesa come ogni santo giorno.
Non per molto.
Il nuovo scenario luminoso stava prendendo il posto della notte attraverso una lenta dissolvenza incrociata.
La luce nera si stava facendo via via sempre meno scura e le ombre assorbite dall'alba erano sul punto di scomparire.
Fatti uscire gli ultimi sbandati ubriachi, i battenti dell'Xm furono chiusi. Anche quella sera il possente cancello di metallo alto tre metri fu serrato a forza di braccia non senza difficoltà. Vuoi per la pesantezza della struttura, per la ruggine sui binari di scorrimento.
Tutto era filato liscio.
Niente imprevisti quel giorno.
Erano rimasti solo cumuli di bicchieri di plastica, carte sporche, dappertutto. Sembrava di stare in una discarica.
Solo quel fuoco non si era ancora assopito riuscendo a trattenere gli ultimi rimasti intorno a lui come una calamita.
L'alba alla fine aveva quasi preso il sopravvento.
Il nuovo giorno si era fatto impellente.
Era ora di togliere le tende.
Non prima di un saluto affettuoso.
La giovane peruviana fu la prima a andarsene.
Dopo aver rivolto un gesto caloroso a tutti si voltò verso il compagno di confessioni.
A te ti saluto meglio...
Si avvicinò fino a cingergli il corpo.
Stettero così per un breve istante.
Poi si scostarono delicatamente dandosi appuntamento in un improbabile nuovo incontro.

Svegliarsi la mattina e percepire il mondo diverso.
Guardarsi allo specchio e non riconoscersi più.
Qualcosa nel frattempo è successo.
Il mondo non è più quello di prima oramai popolato da soli fantasmi.
Nuove forze premono da terga. Con gentilezza, il sorriso in volto. Reclamano il loro spazio, il loro tempo.
Da una parte sempre più in periferia si osserva il nuovo con curiosità, spesso con distacco. Una lontananza infinita. Anche se ci si sfiora risuonando insieme.
Perennemente inquieta la vita non si ferma.
Cambia, si rinnova senza sosta.
Sempre uguale eppure ogni volta differente.
Lo stesso apparente stampo però qualcosa sfugge, si trasforma diventando irriconoscibile. Lo spettro nudo alla fine ha trovato nuova carne dove essere ospitato, dove mascherarsi ancora. Rivitalizzando la materia, rivitalizzandosi. Un incontro proficuo. Per chi resta un déjà vu destabilizzante. Già morti eppure vivi tocca in continuazione provare a rifamiliarizzare con il nuovo mondo a venire. A volte si trova l'accordo, allora ci si sente nuovamente partecipi della vita. Capita di aspettare giorni, settimane, mesi, poi all'improvviso si viene risucchiati nel vortice vitale. Allora l'ebbrezza sale fino a toccare vertici inauditi. Per un istante ci si sente ancora eletti. Tutto torna a avere un briciolo di senso, a armonizzarsi miracolosamente con quanto ti circonda. Basta non ritrarsi, dando in questo modo la possibilità dell'incontro. Allora la vita nuova ansiosa di emergere ti offrirà il suo lato migliore. La spontaneità. Senza maschera mascherata, senza freni o barriere di sorta. Lo stesso devi fare tu per risponderle proficuamente. Per essere accolto accogliendola. Certo bisogna essere abbastanza sradicati, un po' fantasmi da sempre. Non stare mai fermi da nessuna parte. Così da riuscire a attraversare le sottili pareti di mondi paralleli differenti lì a una spanna. E sufficiente fare il passo, premere leggermente il dito sulle sottili pareti divisorie. Estendendo il limite al punto di trapassarlo ancora. Tutto con delicatezza.
Solo allora un nuovo mondo da sempre al tuo fianco si aprirà rendendotene partecipe.
Basta volerlo con tutto se stessi, contro tutto, contro tutti.
Non smettendo mai di cercare.