venerdì 21 ottobre 2011

Ciclofficina esistenziale

La ciclofficina esistenziale non ha bisogno di luogo. Non lavora in superficie, tanto meno vuole ordinare la materia per farle assumere una forma.
Puoi trasformare gli ambienti, spostarla da qualsiasi parte.
Non è un problema!
Lei si adatta.
O meglio... rimane indifferente.
A contare è solo la presenza, la relazione tra le persone in carne e ossa disposte al confronto, a mettersi in gioco per cambiare dentro. Oltre ogni logica vittimistica, contro l'idea di voler manipolare l'altro per farne un oggetto manipolabile sebbene in vista del “bene”.
Si lavora solo su sé stessi, sulle proprie emozioni, sulla propria immaginazione, sulle capacità di analisi. Scoprendo livelli sempre nuovi sebbene ogni volta familiari. Disposti a mettere tutto in discussione in ogni istante. Senza freni.
Quanto da abbattere va abbattuto senza remore o nostalgie.
La verità di oggi non vale domani.
Tutto in nome di una precarietà dinamica capace di portarti a fondo se non adeguatamente gestita.
L'importante è saper perdere.
All'occorrenza tutto.
Restituendo prima possibile ogni orpello trattenente il flusso vitale. L'altro silenzioso, l'ospite inquietante capace di possederti per un istante solo se gliene si lascia la possibilità, lo spazio, meglio il vuoto.
Senza troppo resistere, senza essere del tutto passivi possiamo solo opporre un leggero filtro creativo. La maschera essenziale del momento con la quale la materia si incarna in qualcosa, in qualcuno. Seppure per il tempo di un istante.

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