domenica 5 dicembre 2010

Mattina presto in stazione

Otto e trenta di mattina.
Stazione di Bologna.
Binario sette.
Tra cinque minuti parte il treno per Ancona.
Oramai sono diventato il pendolare del soccorso.
La mamma chiama...
Mi tocca scendere.
Fuori piove.
Una pioggia finta.
Secondo Vera.
Una giovane amica austriaca.
Ti bagna ma non la vedi.
Il binario è pieno di persone in attesa.
Sono tutte tristi.
Come le passioni dei nostri tempi.
Immobili nella loro routine quotidiana.
Come ogni giorno aspettano il treno per andare a lavoro, a scuola.
Non fa differenza.
I volti non esprimono nulla.
Se non rassegnazione.
Sono tutti vestiti bene.
Senza essere ricercati.
Sobri fino a scomparire nel grigiore della stazione.
Stanno in fila ordinati.
Nessuno fischietta, sorride, dialoga.
Le labbra sono serrate.
Mute.
Gli occhi spenti.
Assenti.
Qualcuno rimbalza lo sguardo sul giornale.
Per circoscrivere recinti.
In tale clima plumbeo a parlare sono i monitor della pubblicità.
Di auto.
Oggetti fashion.
Usano colori accesi.
En pendent con i toni delle superfici da poco rinnovati.
Dovrebbero stimolare.
Provocare sensazioni piacevoli.
Invogliare.
Far agire.
Anche grazie alla musica di sottofondo.
Solitamente motivi esotici, spensierati.
Il tutto stona assai con l'atmosfera presente.
Nessuno ci fa più caso.
Il monitor vicino le scale ha una cassa andata.
Il suono è sparato al massimo.
Va in distorsione battente.
Secondo un ritmo costante.
Sembra un effetto ricercato.
Da fastidio.
Tutti sono irreprensibili.
Come non ci fosse.
Non lo udissero.
Inabissati metri e metri nei loro bunker.
Nessuno si prende la briga di cercare il telecomando per spegnerlo.
Oppure la spina per staccare lo strazio.
Andrebbe bene anche scaraventare con rabbia la propria ventiquattrore di plastica dura contro lo schermo.
Fino a frantumare la superficie.
Per far uscire la materia grigia.
Transistor, fili, schede elettriche.
Come fuochi d'artificio.
Nessuno compie tale gesto caritatevole.
Sono tutti sprofondati nel buio peso.
Con lo spirito vitale lasciato a dormire sotto le lenzuola.
Non è ancora ora di svegliarsi.

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